Sento raccontare dei “risultati inimmaginabili” raggiunti
nell’ultimo (e primo) anno dell’attuale governo. Senza
voler entrare nel merito di tutti i temi della discussione
che ne è seguita, dico solo che, se “inimmaginabile”
ha una valenza positiva, nel contrasto ai cambiamenti
climatici, di tali risultati ne ho registrati ben pochi, forse
nessuno. Di “inimmaginabile” ho visto invece solo
esempi del tipo che racconto in questo articolo.

Il 16 ottobre scorso si è svolto a Lussemburgo il Consiglio dei ministri dell’Ambiente dei 27 Stati membri, con la presenza del commissario europeo per il clima, l’olandese Wopke Hoekstra. V’era da decidere il mandato negoziale in vista della Conferenza sul clima delle Nazioni Unite che si terrà negli Emirati Arabi Uniti, dal 30 novembre al 12 dicembre, in pratica: la posizione che dovrà tenere l’UE nella COP28. Si è stabilito, all’unanimità, che a Dubai il commissario Hoekstra, a nome di tutta l’Unione Europea, dovrà chiedere di inserire nel documento finale un impegno globale per l’eliminazione graduale dei combustibili fossili e dei relativi sussidi statali.

Un buon risultato, si dirà. Certo, peccato che avrebbe potuto essere molto migliore se proprio l’Italia, insieme ad un blocco ben definito di altri paesi capitanati dai nostri e dalla Repubblica ceca, non ci avesse messo lo zampino. Lo affermo, dopo aver “spigolato” nei resoconti della riunione. I ministri europei arrivati a Lussemburgo, infatti, hanno trovato sul tavolo una proposta di un gran numero di paesi europei, con in testa Francia e Germania, in cui si chiedeva che l’UE presentasse alla COP28 di Dubai, nei prossimi negoziati sul clima, la richiesta di un impegno globale di tutti gli Stati per l’eliminazione, seppur graduale, di tutti i combustibili fossili. Riecheggiavano ancora nell’aria le parole dell’intervista pre feriale del vicepresidente dell’UE responsabile per il Green Deal, Frans Timmermans (dimessosi a settembre per candidarsi alle elezioni politiche in Olanda) secondo cui l’Unione europea alla COP28 dovrà fare pressioni per un impegno globale per eliminare gradualmente l’utilizzo dei combustibili fossili “ben prima del 2050”.
Una proposta assolutamente dirompente, quella degli Stati sostenuti dalla condivisione franco-tedesca, laddove si consideri che, incredibilmente, mai il tema “combustibili fossili” quale causa di aggravamento della situazione climatica mondiale, è stato inserito nei documenti finali di nessuna COP (se non con un timido accenno al carbone nella COP26). E, altrettanto incredibilmente, non figura neppure nelle conclusioni dell’Accordo di Parigi del 2015. Sennonché Italia e Cecoslovacchia infilano il granello di sabbia nell’ingranaggio che sembrava dovesse portare, finalmente, Bruxelles a sostenere una posizione di buon senso, concreta e con solide basi scientifiche. Il granello era rappresentato dal regolamento della Commissione che prevede, per questo tipo di deliberato, l’unanimità dei 27 paesi membri.

Ecco che allora, di fronte al concreto rischio di impasse che avrebbe portato l’intera UE a non aver nessuna posizione nelle discussioni sul clima, anche per la ristrettezza dei tempi (la prossima riunione della Commissione Ambiente UE è in calendario per dicembre, dopo la COP28), i commissari ceco-italiani tirano fuori il coniglio dal cilindro. Si decida pure di chiedere la messa al bando dei fossili, ma non di tutti, ma solo di quelli cosiddetti “senza sosta” (questa bizzarra definizione dalla traduzione dall’inglese del termine “unabated”, dovrebbe far riferimento a quei fossili che non siano utili a combattere la povertà energetica o a garantire “una giusta transizione”) e, ovviamente, manca un qualunque riferimento temporale entro il quale realizzare l’ipotizzata riduzione.  La subdola terminologia non compare nel comunicato finale della Commissione: “La transizione verso un’economia neutrale dal punto di vista climatico richiederà l’eliminazione graduale dei combustibili fossili e un picco nel loro consumo in questo decennio rendendo il settore energetico prevalentemente privo di combustibili fossili ben prima del 2050, nonché di puntare a un sistema energetico globale completamente o prevalentemente decarbonizzato negli anni 2030“.

La centrale a carbone di Kemper non è riuscita a mantenere la promessa di utilizzare la CCS per catturare le emissioni. Foto: Kemper County Coal Gasification Plant

Dove sta la magagna? Per capire cosa siano i “fossili senza sosta”, ho fatto una lunga ricerca in rete fino ad arrivare al sito dei colleghi inglesi di Climate Home News e all’articolo di Matteo CivilliniWhat does “unabated” fossil fuels mean?” (qui). E ho così scoperto che la spiegazione di questa definizione è tutt’altro che semplice ed è molto controversa (“The answer is not straightforward and agreeing on a shared understanding will be one of the defining battles of future climate commitments.”). Si cita una dichiarazione di Katrine Petersen, consulente politico senior di E3G (un think tank indipendente sul cambiamento climatico, il loro nome è l’acronimo di Third Generation Environmentalism), che afferma: “Attualmente non esiste una definizione internazionale di ciò che costituisce l’abbattimento dell’anidride carbonica (CO2)”. E Civillini aggiunge “Per quanto riguarda l’uso di carbone, petrolio e gas per la produzione di energia, ci si riferisce ai tentativi di ridurre il rilascio di sostanze inquinanti a un livello accettabile. Quale sia questo livello e come arrivarci è oggetto di accesi dibattiti.”

Il progetto Gorgon di Chevron in Australia ha uno dei più grandi impianti di cattura e stoccaggio del carbonio al mondo. Foto: Chevron Australia

Da quanto sopra ricavo che chiedere di porre fine all’utilizzo non di tutti i combustibili fossili, ma solo di quelli che non contribuiscono a ridurre l’inquinamento ambientale è un’affermazione priva di senso e priva di riferimenti scientifici, per l’incertezza di definire quali siano questi combustibili fossili più nocivi degli altri. Ed il che, laddove pure la raccomandazione dell’Unione europea trovasse ingresso nella prossima Cop di Dubai, nella sua applicazione, il margine di interpretazione, dei singoli Stati, rimarrà amplissimo e discrezionale.

In questo blog si è scritto più e più volte che la mitigazione dei cambiamenti climatici passa dalla riduzione dell’uso dei combustibili fossili, dall’eliminazione dei sussidi pubblici in favore di chi li usa da ultimo, lo scorso 19 ottobre (“Aderire a Fossilfuel Treaty contro la proliferazione di combustibili fossili”, qui) e noi di ClimateAid Network abbiamo aderito a Fossilfuel Treaty proprio per dare un contributo all’appello per un trattato di non ulteriore proliferazione dei combustibili fossili, anche nella prospettiva della prossima Cop28 di Dubai. Fatelo anche voi.

Giuseppe d’Ippolito