I danni ambientali e climatici aumentano e, con essi, le vittime.
Le norme esistenti in Italia pensano ai risarcimenti in favore dello
Stato ma chi pensa a come risarcire i cittadini? La strada per
riconoscere i diritti dei singoli o delle collettività è irta di difficoltà.
C’è bisogno di iniziative forti di solidarietà per incidere sulla
giurisprudenza italiana e uniformarla a quella europea

In Italia esiste una legge, la n.349 dell’8 luglio 1986 (in GU n.162 del 15-07-1986 – Suppl. Ordinario n. 59, qui), prossima a compiere quarant’anni di vita, che ha istituito il Ministero dell’Ambiente, e che ha stabilito che qualunque fatto doloso o colposo in violazione di legge che comprometta l’Ambiente, obbliga l’autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato. La successiva legge 22 maggio 2015, n. 68 (in GU n.122 del 28-05-2015, qui) ha poi introdotto nuovi reati nel Codice penale a salvaguardia dell’Ambiente (inquinamento ambientale; disastro ambientale; traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività; impedimento del controllo; omessa bonifica; ispezione di fondali marini).

Ma la platea delle vittime di danni ambientali negli anni è sempre più aumentata e non coinvolge solo lo Stato nella sua interezza, ma sempre di più i privati cittadini. Pensiamo alla mortalità e alla morbosità per l’inquinamento dell’aria, certificate da istituti di ricerca e analisi, anche pubblici. Pensiamo ai morti da dissesto idrogeologico e a coloro che in quei drammatici momenti hanno perso ogni loro avere. Pensiamo a coloro che hanno perso la vita e i propri beni in eventi climatici estremi (siccità, grandinate, trombe d’aria, alluvioni, ecc.). Parliamo di 29 morti, 104 casi di allagamenti e alluvioni da piogge intense, 81 di danni da trombe d’aria e raffiche di vento, 29 da grandinate, 28 da siccità prolungata, 18 da mareggiate, 14 eventi con l’interessamento di infrastrutture, 13 esondazioni fluviali, 11 casi di frane causate da piogge intense, 8 casi di temperature estreme in città e 4 eventi con impatti sul patrimonio storico. Tutti solo nel 2022, secondo il Report dell’Osservatorio Cittàclima di Legambiente (qui). Italia terza in Ue per numero di vittime e danni da eventi estremi per Open.online (qui), che riporta pure le stime dell’Agenzia europea per l’ambiente, dal 1990 a oggi i cambiamenti climatici hanno causato nel nostro Paese 22mila morti e 92 miliardi di euro persi. La stessa Agenzia che valuta in una forbice tra i 50mila e i 70mila le morti premature in Italia, ogni anno, per patologie legate all’inquinamento dell’aria (si vedano anche i dati nel contributo, sotto, in GREEN NEWS).

Parliamo di responsabilità civile, che nel nostro codice è pur ben prevista e disciplinata. Altri paesi europei hanno fatto di più prevedendo leggi nazionali in materia, nelle quali è espressamente previsto che deve essere indennizzato colui che ha subito un danno a seguito di un comportamento negligente e con un certo grado di colpa. Norvegia e Svezia, l’hanno fatto. Ma ormai gran parte dei paesi scandinavi hanno introdotto misure di responsabilità civile sul risarcimento dei danni all’ambiente. In molti paesi è stata introdotta l’assicurazione obbligatoria a carico dell’industrie che svolgono attività che possono provocare danni all’Ambiente e agli uomini, come gli impianti nucleari e i siti per rifiuti tossici, così pure in Francia e Germania. Sempre in Svezia è imposto alle attività ad alto rischio, la contribuzione obbligatoria a un fondo per la responsabilità civile in materia di ambiente, In Danimarca, Spagna, Paesi Bassi, le compagnie propongono fondi comuni assicurativi a copertura dei rischi di inquinamento, particolarmente vantaggiosi.

In Italia le vittime dell’alluvione dell’Emilia-Romagna ancora faticano ad avere i risarcimenti da quelle (poche) assicurazioni che coprivano i danni alle abitazioni, per questo accogliamo con piacere la dichiarazione della presidente dell’Ania Maria Bianca Farina, all’assemblea annuale dell’associazione il 4 luglio scorso: “Il cambiamento climatico non è più semplicemente un rischio, ma una realtà“, precisando che l’Italia ha “bisogno di protezione dai rischi“. Parlando dei costi delle catastrofi, ha ricordato che “se si includono anche i terremoti, la quota di danni assicurati in Italia non supera oggi il 14% del totale: è di gran lunga il dato più basso fra i principali paesi europei“. Resta, ovviamente, il problema dei costi per l’utenza che non possono gravare interamente sulle tasche dei cittadini.

La nostra giurisprudenza, invece, ancora oscilla su più fronti: da una parte si interpreta alla lettera la legge 349/86 condannando il responsabile a corrispondere un indennizzo alla vittima soltanto nel caso in cui egli non abbia esplicato il normale livello di diligenza necessario per evitare il danno (dolo o colpa). Da un’altra, si applicano le regole del Codice civile che fa riferimento al concetto di responsabilità oggettiva, per cui l’indennizzo è dovuto anche se il livello di diligenza è stato rispettato.

Ma esistono altri problemi. Quello della prova del danno: palese in caso di danni causati da eventi naturali; da dimostrare caso per caso (per i tribunali) in caso di lesioni alla salute (e decessi) provocati da inquinamento da polveri sottili, smog, emissioni da gas fossili, da elettromagnetismo.

E poi, l’ulteriore problema: in queste situazioni, lo Stato e le Istituzioni sono le vittime o i carnefici, sono una parte o una controparte?

Certo è che occorre avviare una seria riflessione sul tema dei risarcimenti da danni ambientali. La scienza medica deve abbandonare le diagnosi generiche e individuare con certezza le cause di mortalità e morbosità. Le rappresentanze dei cittadini devono valutare con attenzione questi particolarissimi diritti “dimenticati” e agire di conseguenza fino ad ottenere una giurisprudenza più vicina ai cittadini. Ha scritto qualche giorno fa il magistrato Giovanni Maria BerrutiNon esistono principi che la legge non può cambiare. Men che mai esistono principi immutabili nella giurisprudenza”.

Tra i partner di questo blog sono presenti associazioni rappresentative sia della scienza medica che della tutela dei cittadini. A loro rivolgiamo un convinto appello.

Giuseppe d’Ippolito, Website Founder