Secondo The Washington Post, in una ricerca si sostiene
la possibilità di creare uno scudo di polvere lunare nello spazio
per combattere il cambiamento climatico
 

Settimane di “guerra dei palloni”, quelle in corso tra America e Cina. Vicendevoli accuse di spionaggio, repliche piccate con riferimento a semplici operazioni a scopo meteorologico. E, si badi bene, niente missili o satelliti ma banali palloni gonfiati. Ma cosa c’è realmente dietro questa guerra di conquista dello spazio, che continua ad evocare i tempi della “guerra fredda” (oggi sempre più “calda”). “Molte persone pensano allo spazio come a un luogo di pace e armonia tra le nazioni. Il problema è che non c’è una legge per regolare chi può utilizzare le risorse, e ci sono un numero significativo di agenzie spaziali e altre nel settore privato che mirano a sbarcare sulla luna entro i prossimi cinque anni “, ha detto Martin Elvis, astronomo presso il Center for Astrophysics, Harvard & Smithsonian e autore di un articolo di un paio d‘anni fa. “Abbiamo guardato tutte le mappe della Luna che siamo riusciti a trovare e abbiamo scoperto che non molti luoghi avevano risorse di interesse, e quelli che le avevano erano molto piccoli. Ciò crea molto spazio per il conflitto su alcune risorse“. Risorse come l’acqua e il ferro sono importanti perché consentiranno di condurre ricerche e colonizzazioni future e lanciarle dalla luna, ma ci sono anche interessi di ben altra natura a motivare gli odierni conquistadores.

Non siamo stati spinti da vene di romanticismo nell’occuparci, oggi, dell’unico satellite naturale della Terra. Lo spunto è venuto da un articolo del The Washington Post dell’8 febbraio scorso (qui), a firma di Kasha Patel, vice redattore meteorologico per la Capital Weather Gang, che si occupa di meteo, cambiamenti climatici e ambiente. La Patel riporta la notizia di uno studio pubblicato su PLOS Climate. Lo studio (lo trovate qui) ha un titolo a dir poco suggestivo: “La polvere come scudo solare”; la polvere è quella della luna e il titolo del W.P. chiarisce meglio : “I ricercatori vogliono creare uno scudo solare nello spazio per combattere il cambiamento climatico”. Scrive la Patel: “Immaginate un mondo in cui il riscaldamento globale sulla Terra è significativamente diminuito. I combustibili fossili sono nel dimenticatoio. La maggior parte delle nostre attività sono gestite da fonti di energia rinnovabile a prezzi accessibili”. E poi, il coniglio dal cappello: “Oh, e c’è un cannone sulla luna che spara polvere lunare nello spazio per aiutare a schermare parzialmente la luce solare sulla Terra. Questo è un approccio, che fa alzare le sopracciglia, per raffreddare il nostro pianeta proposto da un gruppo di astrofisici. Il team ha utilizzato simulazioni al computer per modellare vari scenari in cui enormi quantità di polvere (e intendiamo molta polvere) nello spazio possono ridurre la quantità di luce solare terrestre dall’1 al 2%, o fino a circa sei giorni di un sole oscurato in un anno. La loro idea più economica ed efficiente è quella di lanciare polvere dalla Luna, che atterrerebbe in orbita tra il Sole e la Terra e creerebbe un parasole”. 

Fantascienza? Realtà? Possibilità? Certo, sono molti gli interrogativi che nascono dalla notizia. “Non possiamo, come umanità, abbandonare il nostro obiettivo primario di ridurre le emissioni di gas serra qui sul nostro pianeta. Questo deve essere il primo lavoro”, ha detto Ben Bromley, autore principale dello studio e astrofisico presso l’Università dello Utah. “La nostra idea è quella – ed è molto, molto intensa – di contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici, se abbiamo bisogno di più tempo qui a casa”. Gli astrofisici hanno escogitato uno scudo di polvere spaziale prendendo in prestito concetti di una nota ricerca incentrata su come si formano i pianeti attorno a stelle lontane. Bromley ha spiegato che i pianeti si formano attraverso un processo disordinato che coinvolge molte collisioni, che sollevano polvere che può intercettare una grande quantità di luce stellare. Quindi, perché non esplorare strategicamente l’uso di tale polvere che blocca la luce a beneficio della Terra? La Patel ricorda che il team dell’Università dello Utah non è stato il primo a proporre l’uso di un oggetto fisico nello spazio per bloccare la luce solare sulla Terra, che alcuni classificano come geoingegneria solare.

Le idee erano già apparse nel 1989 quando James Early del Lawrence Livermore National Laboratory propose di posizionare un sottile scudo di vetro largo 2.000 km tra il sole e la Terra. Nel 2006, l’astronomo Roger Angel ha esplorato l’idea di inviare trilioni di piccoli veicoli spaziali con scudi simili a ombrelli per bloccare il sole. Nel 2012, i ricercatori scozzesi hanno studiato l’esplosione di una nube di polvere da un asteroide posto tra il sole e la Terra. L’anno scorso, un gruppo di ricercatori del MIT ha proposto di distribuire una serie di bolle che potrebbero scoppiare senza lasciare detriti spaziali. E gli scienziati continuano a sbizzarrirsi: Lo scienziato atmosferico Emmi Yonekura, uno scienziato della Rand Corp., ha invece proposto di utilizzare specchi spaziali per riflettere la luce solare lontano dalla Terra. Yonekura non si è fermato qui, ha anche scritto che “l’idea di ingegneria solare più fattibile al momento è quella di iniettare gas nella stratosfera. L’iniezione di aerosol potrebbe produrre una nuvola per riflettere la luce solare nello spazio per raffreddare la superficie sottostante (simile a ciò che accade occasionalmente nelle eruzioni vulcaniche), ma la tecnologia è lontana anni e potrebbe avere altri problemi”. 

Ma, per fortuna, la gran parte del mondo scientifico non condivide questi progetti. Lo scienziato Alan Robock, professore di scienze del clima alla Rutgers University, autore del comitato Intergovernmental Panel on Climate Change del 2007, premiato con il Premio Nobel per la Pace, in una e-mail al Washington Post ha definito soluzioni come la polvere spaziale “abbastanza irresponsabili. Il cambiamento climatico globale da iniezioni umane di gas serra è un problema reale, ma c’è una soluzione molto più semplice, più sicura ed economica: lasciare i combustibili fossili nel terreno e far funzionare il mondo con l’energia solare ed eolica, di cui c’è abbastanza per fornire energia per tutti”

Anche per noi, nel nostro piccolo, aldilà di alcune stravaganti ipotesi, le perplessità restano molte. La prima, già sottolineata, è che ci sono pratiche di mitigazione del clima più fattibili che possono essere adottate ora e nel prossimo futuro. La seconda: è corretto pensare di inondare di detriti e rifiuti anche lo spazio, dopo aver fatto il pieno sulla Terra? La terza, che è anche sempre l’opinione di molti autorevoli scienziati, questi progetti non sono, in realtà, distrazioni da soluzioni climatiche più permanenti, come la riduzione del consumo di combustibili fossili? E, sottesa a questa, ce n’è una quarta: non vorremmo che la ricerca di soluzioni “esterne” valesse come alibi per quanti -e sono molti- non si attivano per praticare comportamenti “interni” per arrivare ad un’effettiva decarbonizzazione del pianeta e per continuare le varie attività economiche che producono gas serra e inquinamento. A pensar male si fa peccato, ma qualche volta ci si azzecca, recita un noto adagio mutuato dal mondo della politica, anche se, per onestà, riportiamo dall’abstract della ricerca: “Il finanziatore (i) non ha avuto alcun ruolo nella progettazione dello studio, nella raccolta e analisi dei dati, nella decisione di pubblicare o nella preparazione del manoscritto. Gli autori hanno dichiarato che non esistono interessi concorrenti”.

Quindi queste idee si scontrano con una miriade di problemi: è necessario troppo materiale, richiederebbe una costruzione nello spazio. Sarebbe un’ipotesi pericolosa e anche irreversibile. Senza contare che dovremmo dire addio alle giornate soleggiate o alle nottate sotto le stelle. 

E poi, i cannoni non ci sono mai piaciuti sulla Terra, figuriamoci sulla Luna.

Giuseppe d’Ippolito, Website Founder