Anche quest’anno, con la manovra di fine anno, le aspettative sono andate deluse. Chi credeva in un deciso cambiamento nelle politiche ambientali dello Stato italiano non può che prendere atto che così non sarà, almeno a breve. Ma andiamo per ordine. In Italia esiste un’imposizione fiscale ispirata alle pratiche di sostenibilità ambientale e all’applicazione del principio, d’ispirazione comunitaria, “chi inquina, paga”. E non si tratta di balzelli di poco conto. Dalla più odiata, la Tari, tassa sui rifiuti solidi urbani, alle tasse sui conferimenti in discarica, alla carbon tax, alle tasse di soggiorno, alle imposte sull’inquinamento, a quelle sull’emissioni di gas tossici, alle imposte sui rumori, sullo sfruttamento di risorse naturali, sui minerali, sugli oli esausti, sui trasporti e le autovetture e così via elencando. Un prelievo fiscale dalle tasche dei cittadini calcolato dall’Istat in 53 miliardi nel 2021, anche se giustamente ispirato alle necessità di tutela dell’ecosistema. 

Cosa non va, allora? Semplicemente che nessuno ha mai pensato di stabilire che le tasse prelevate in nome dell’ambiente, debbano essere destinate alla tutela dello stesso. 

E così, non solo il ricavato dalle tasse ambientali ritorna nella fiscalità generale ma, addirittura, esso viene impiegato proprio per sovvenzionare attività che si svolgono, in modo palese, danneggiando l’ambiente. L’esempio più eclatante che possiamo citarvi è quello dei SAD, Sussidi Ambientalmente Dannosi.   Sono tutte misure incentivanti, sotto forma di incentivi diretti e indiretti, sconti sulle tasse, finanziamenti che sostengono e incoraggiano attività economiche che hanno un impatto negativo sull’ambiente. Esiste addirittura un catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi previsto da una legge del 2015 dove si afferma che bisogna perseguire politiche che disincentivino il ricorso ai SAD e favoriscano lo sviluppo dei SAF, Sussidi Ambientalmente Favorevoli. In realtà, i primi sono sempre in aumento, mentre i secondi sono sempre dimenticati.

E se le entrate da tasse ambientali sono state stimate in 53 miliardi, solo i sussidi antiambiente sono stati calcolati dal Ministero dell’Ambiente in 21,6 miliardi destinati a settori come l’energia, i trasporti, l’edilizia, l’agricoltura. Secondo Legambiente, gli impegni finanziari per i SAD sono addirittura superiori. In un apposito Dossier si sostiene che dal 2011 al 2021, l’Italia è passata da 9,1 a 41,8 miliardi di euro in attività, opere e progetti connessi direttamente e indirettamente alle fonti fossili: ben 7,2 miliardi in più rispetto al 2020 (+21%). Il settore con più voci di sussidi (ben 31) è quello energetico con 12,2 miliardi di euro e che potrebbero aumentare con le politiche energetiche in tema di gas, vedi rigassificatori. A seguire il settore trasporti con 24 voci di sussidi e 12,2 miliardi di euro. Insomma, c’è un po’ di tutto: sostegni finanziari per centrali a combustibili fossili che rimangono in vita solo perché godono degli incentivi pubblici, trivellazioni, prestiti e garanzie pubbliche (CDP e SACE) per operazioni a sostegno di investimenti nell’Oil&Gas  senza dimenticare gli incentivi assegnati alla ricerca su carbone, gas e petrolio, il differente trattamento fiscale tra benzina, gasolio, metano, gpl e benzina, l’esenzione dell’accisa sui carburanti per la navigazione aerea, il rimborso delle accise sul gasolio per trasporti, i sussidi all’olio di palme nei biocarburanti. E poi le esenzioni per produzioni agricole ambientalmente impattanti e per l’uso di combustibili fossili quale fonte energetica e così via.

Insomma, una “finanza circolare” alla rovescia: si preleva per proteggere l’ambiente e si sovvenziona per danneggiare l’ambiente. E tutto ciò mentre si firmano accordi di protezione internazionali e si fa bella mostra di buoni propositi. Ma la strada è ancora lunga.

 Giuseppe d’Ippolito Website Founder

 

APPROFONDIMENTI

Il Dossier Stop Sussidi Ambientalmente Dannosi di Legambiente