Il 9 settembre 2025 il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva una delle misure più attese e discusse nell’ambito delle politiche per l’economia circolare: l’introduzione della Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) per il settore tessile. Per la prima volta, marchi e rivenditori di abbigliamento, calzature e tessili per la casa saranno tenuti a farsi carico non solo della produzione e della commercializzazione dei propri articoli, ma anche della loro gestione come rifiuti, coprendo i costi di raccolta, selezione, riciclo e valorizzazione. Si tratta di un passaggio cruciale in un settore che, dopo quello alimentare e quello dell’edilizia, è tra i più impattanti per consumo di risorse, emissioni di CO₂ e produzione di scarti. La direttiva, che entrerà in vigore con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE, impone agli Stati membri di istituire regimi nazionali di EPR entro il 2028, con l’obiettivo di responsabilizzare direttamente i produttori e scoraggiare le pratiche di fast e ultra-fast fashion che alimentano un ciclo di consumo rapido e altamente inquinante. Anche l’Italia sarà chiamata a recepire entro i prossimi due anni le nuove regole, predisponendo registri nazionali dei produttori, sistemi di rendicontazione obbligatoria e procedure di controllo che riguarderanno non solo i grandi marchi, ma anche le vendite online e gli operatori esteri che immettono prodotti sul mercato nazionale. La portata della misura è duplice: da un lato, essa promette di incentivare l’innovazione, migliorare il riciclo e favorire modelli di design più sostenibili; dall’altro, suscita preoccupazioni per i costi aggiuntivi e per il rischio di frammentazione normativa tra gli Stati membri. Le prospettive di successo dipenderanno non solo dal quadro europeo, ma anche dalla capacità dei singoli Paesi di garantire un’attuazione efficace, con infrastrutture adeguate e regole armonizzate. In questo articolo analizzeremo le tappe di questo percorso legislativo, le scadenze per il recepimento in Italia, i commenti positivi e negativi provenienti da attori istituzionali, associazioni di categoria e società civile, e infine le prospettive concrete per il settore della moda e per i consumatori.

 

 

Il 9 settembre scorso il Parlamento europeo ha dato il via libera definitivo a una revisione significativa della normativa sui rifiuti dell’Unione: tra le misure approvate figura l’introduzione obbligatoria della Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) per i prodotti tessili (abbigliamento, calzature, tessili per la casa e accessori). Il testo è stato successivamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea e contiene scadenze temporali e obblighi dettagliati destinati a trasformare il modo in cui marchi e rivenditori gestiscono il “fine vita” dei capi.

DATE CHIAVE E CALENDARIO DI ATTUAZIONE IN ITALIA ED EUROPA
una pila di sciarpe adagiate una sopra l'altra9 settembre 2025 — approvazione definitiva da parte del Parlamento europeo.
26 settembre 2025 — pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’UE (GU L), con entrata in vigore tecnica del testo (data di pubblicazione in GU). Il testo della direttiva specifica alcuni termini operativi e date vincolanti per l’entrata in vigore di certe disposizioni.
17 aprile 2028 — termine ultimo indicato nel testo per l’istituzione dei regimi nazionali di responsabilità estesa del produttore per i tessili (ossia: entro questa data ogni Stato membro deve avere sistemi EPR operativi conformi alla direttiva). Nel testo compaiono inoltre indicazioni operative sui prodotti immessi sul mercato dopo alcune date soglia interne al testo.
In termini generali, la prassi segnalata da diverse analisi giurisprudenziali e legali indica che gli Stati membri avranno un periodo di transposizione (di norma 18–20 mesi) per recepire la direttiva nel diritto nazionale, mentre i regimi EPR dovranno essere operativi entro 30 mesi dall’entrata in vigore per molti aspetti pratici; per le micro-imprese è prevista un’ulteriore proroga di 12 mesi per l’adeguamento operativo. Queste cifre sono confermate dalle note tecniche pubblicate da studi legali e osservatori del settore.
In sostanza: il Parlamento ha approvato la norma a settembre 2025, la direttiva è stata pubblicata ed entra in vigore; gli Stati membri — Italia inclusa — hanno un orizzonte temporale di qualche anno per adottare i regimi nazionali e rendere operativi i sistemi di raccolta, rendicontazione e contributi economici.

CHE COSA IMPONE LA NUOVA DISCIPLINA (SINTESI I PUNTI SALIENTI)
sacchetti di plastica in bianco e nero su sabbia marrone durante il giornoCopertura dei costi di raccolta, cernita, riciclo e valorizzazione: i produttori (definiti in senso ampio: chi immette sul mercato, comprese le vendite online) dovranno finanziare le operazioni necessarie a gestire i rifiuti tessili. L’obbligo comprende anche i costi amministrativi e di informazione ai consumatori.
Ambito esteso e non discriminante: la norma mira a includere sia operatori UE sia operatori extra-UE che vendono sul mercato interno (e-commerce compreso), evitando scappatoie.Flessibilità tecnica per gli Stati: la direttiva detta obiettivi e principi ma lascia margini tecnici agli Stati membri per definire modalità di calcolo dei contributi, soglie, strumenti di attuazione e incentivi alla durabilità o al riciclo. Questo favorisce adattamenti locali ma apre anche il rischio di frammentazione normativa.

COMMENTI POSITIVI — PERCHÉ ALCUNI STAKEHOLDER APPLAUDONO
Un segnale forte verso l’economia circolare: obbligare il produttore a farsi carico del fine vita del prodotto crea incentivi economici concreti per ripensare design, materiali e durata del capo. Molte ONG e operatori del settore riciclo vedono la norma come una leva fondamentale per ridurre lo spreco tessile e aumentare il riciclo.
Internalizzazione dei costi ambientali: spostare i costi dal bilancio pubblico e dall’ambiente alle imprese riduce le esternalità negative e può rendere i prezzi di mercato più coerenti con l’impatto reale dei prodotti. Ciò potrebbe disincentivare la produzione di articoli “usa-e-getta”.
Pressione normativa oltre l’UE: i grandi brand globali potrebbero adeguare le loro pratiche a livello mondiale per evitare duplicazioni normative, con potenziali effetti positivi in mercati extra-europei.
Stimolo all’innovazione: la richiesta di sistemi di raccolta, cernita e tecnologie di riciclo scalabili può creare mercato per nuove tecnologie e servizi.

CRITICHE E RISCHI EVIDENZIATI DAGLI OPPOSITORI
Rischio di frammentazione normativa: lasciando scelte importanti ai singoli Stati membri (calcolo dei contributi, dettagli di attuazione), la direttiva può generare standard differenti che complicano la vita dei produttori che operano in più paesi UE ed esporre a distorsioni competitive. Associazioni industriali hanno già richiamato l’attenzione su questo punto.
Onere per le PMI: anche se previste misure di proroga per le micro-imprese, molte piccole e medie aziende del tessile (e marchi emergenti) potrebbero trovarsi gravate da costi aggiuntivi significativi e da adempimenti amministrativi complessi. C’è il rischio di concentrazione del mercato verso operatori più grandi.
Incertezza tecnica su come differenziare i contributi: la direttiva indica che i contributi possono tenere conto della sostenibilità dei prodotti (es. durata, riciclabilità), ma non impone metodi armonizzati per misurare questi aspetti. Senza regole tecniche comuni si rischia di introdurre arbitrarietà o di favorire pratiche di “greenwashing” con autocertificazioni non confrontabili.
Dipendenza dalle infrastrutture nazionali: perché l’EPR funzioni è necessario un sistema capillare di raccolta e impianti di riciclo efficaci; in paesi con infrastrutture deboli la legge rischia di rimanere soprattutto un obbligo finanziario senza risultati reali sul riciclo effettivo.

PROSPETTIVE PRATICHE PER I BRAND E PER I CONSUMATORI
Itessuto verde, bianco e marrone brand dovranno mettere in ordine i dati sulla quantità e tipologia di prodotti immessi sul mercato, rivedere i contratti di filiera, predisporre sistemi di rendicontazione e valutare l’impatto dei contributi EPR sui margini. Le imprese più grandi potranno assorbire meglio i cambiamenti; le PMI dovranno pianificare investimenti e cercare co-operative o consorzi EPR.
I consumatori potrebbero vedere un impatto sui prezzi (parziale internalizzazione dei costi) ma beneficeranno di più punti di raccolta, etichettature migliori e, idealmente, prodotti più duraturi e riciclabili. Inoltre, la norma punta a ridurre il volume complessivo di rifiuti tessili.
Gli operatori del riciclo e le imprese tecnologiche del recupero avranno opportunità di mercato: la domanda di impianti di cernita, infrastrutture per il riciclo chimico e meccanico e servizi di tracciamento aumenterà.

IMPLICAZIONI GEOPOLITICHE E DI MERCATO
L’obbligo per chi vende sul mercato UE, indipendentemente dalla sede legale, rappresenta un potente “effetto-trampolino” regolatorio: le aziende globali che operano nel mercato europeo tenderanno ad armonizzare pratiche e standard a livello globale, ampliando l’impatto della misura oltre i confini dell’UE. Allo stesso tempo, però, rimane il rischio che produttori che riforniscono mercati non-UE non subiscano gli stessi costi, con possibili distorsioni competitive a livello globale finché non si raggiunga una più ampia convergenza internazionale.

UNA SVOLTA SIGNIFICATIVA, MA LA PARTITA SI GIOCA ORA SULL’ATTUAZIONE
L’approvazione della EPR tessile da parte del Parlamento europeo segna una svolta normativa potenzialmente storica: per la prima volta l’UE impone un meccanismo che può davvero spostare costi e incentivi verso pratiche di design e consumo più sostenibili. Tuttavia, il successo reale dipenderà dall’attuazione nazionale, dall’armonia tecnica nelle regole di calcolo dei contributi, dalla qualità delle infrastrutture di raccolta e riciclo e dalla capacità delle PMI di gestire la transizione. Le date da segnare sul calendario per l’Italia sono la pubblicazione in Gazzetta (settembre 2025) e l’orizzonte operativo dei regimi EPR (entro il 17 aprile 2028), con le fasi di transposizione e l’entrata in esercizio che richiederanno un lavoro normativo e amministrativo intenso nei prossimi mesi.

Hèléne Martin