Approvata a fine febbraio dal Parlamento UE, la Nature Restoration Law, ovvero la nuova legge europea per il ripristino della natura, non è stata più approvata a un passo dall’adozione definitiva. Il via libera conclusivo doveva essere nell’agenda del Consiglio UE del 25 marzo e si pensava fosse una mera formalità dato che un accordo provvisorio tra le istituzioni era già arrivato alla fine del 2023. L’approvazione della legge da parte dei ministri degli Stati membri doveva passare con una maggioranza qualificata di 15 voti, corrispondenti ad almeno il 65% della popolazione europea. Ma la posizione  contraria è stata determinata dal voltafaccia dell’Ungheria di Orban, che ha ritirato il sostegno alla proposta di legge. Altrettanto decisiva è stata la reiterata opposizione di Italia, Paesi Bassi, Svezia e Polonia, insieme all’astensione di Austria, Belgio e Finlandia che hanno costretto ad un rinvio della legge a data da destinarsi, ormai probabilmente non più in questa legislatura.

La legge prevedeva che gli Stati membri si impegnassero a ripristinare almeno il 20% delle zone terrestri e marine dell’Ue entro il 2030 e tutti gli ecosistemi entro il 2050. Per raggiungere questi target, entro il 2030 gli Stati membri avrebbero dovuto ripristinare il buono stato di salute di almeno il 30% degli habitat contemplati dalla nuova legge (che vanno da foreste, praterie e zone umide a fiumi, laghi e coralli). Questa percentuale sarebbe aumentata poi al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050.

Noi ne abbiamo scritto più volte nel corso del 2023, sottolineando quanto essa rappresentasse un’ottima notizia per la natura europea in allarmante declino, con oltre l’80% degli habitat in cattive condizioni. Sarebbe servita al ripristino delle zone umide, dei fiumi, delle foreste, delle praterie, degli ecosistemi marini e delle specie che ospitano, aiutando ad aumentare la biodiversità; a proteggere i processi che la natura segue ordinariamente, come pulire la nostra acqua e aria, impollinare le colture e proteggerci dalle inondazioni; a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C; a rafforzare la resilienza e l’autonomia strategica dell’Europa, prevenendo le catastrofi naturali e riducendo i rischi per la sicurezza alimentare.
Le motivazioni del no sono da attribuire ai timori diffusi sui costi immediati che potrebbero ricadere sui produttori agricoli” – ha dichiarato, sul sito del Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia Leonardo Da Vinci, Alessandro Chiarucci, botanico, Università di Bologna – “In realtà, l’agricoltura e tutto il settore, nel tempo, potrebbero godere dei benefici legati a un miglior funzionamento degli ecosistemi. Ancora una volta, siamo di fronte alla contrapposizione tra gli interessi della generazione attuale e il vantaggio, in prospettiva, per quelle future. La Commissione Europea si era già espressa su questi aspetti, affermando che questa normativa non precluderebbe l’attività economica: ogni euro investito in azioni di ripristino della natura apporta un valore economico compreso tra 4 e 38 euro”, ha concluso Chiarucci.

 

Condanniamo tutti gli Stati membri che non sostengono la legge” – hanno dichiarato gli ambientalisti riuniti nella coalizione #RestoreNature, composta da BirdLife Europe, ClientEarth, Eeb e Wwf – “Nel migliore dei casi, questo suggerisce una profonda incapacità di comprendere la situazione in cui ci troviamo e ciò che significa per i diritti dei cittadini. Permettere a Viktor Orbán di sabotare la Nature Restoration Law va contro la scienza, le preoccupazioni dei cittadini, il sostegno del Parlamento europeo e l’appoggio delle imprese alla legge. È del tutto incomprensibile e spaventoso vedere che la legge per il ripristino della natura viene sacrificata sull’altare del sentimento populista anti-ambientalista, senza alcuna spiegazione razionale e minando il processo decisionale democratico”.

Gli ambientalisti si sono poi rivolti alla presidenza del Consiglio (in mano al Belgio) e alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, chiedendo loro “di lavorare urgentemente per sbloccare la situazione e garantire l’adozione della legge per il ripristino della natura prima della pausa estiva”. Prospettiva che, francamente, riteniamo di difficile attuazione ad un pugno di settimane dall’elezione per il rinnovo del Parlamento europeo e dei suoi organi.

Ma, al di là delle dichiarazioni citate, non c’è dubbio che chi ha votato contro la Nature Restoration Law ha, di fatto, votato contro la lotta ai mutamenti climatici, ha giustificato tutti gli eventi estremi che dipendono da questi e voltato le spalle alle loro vittime, presenti, passate e future. È un voto che continua a favorire la crisi idrica e la siccità, che favorisce lo status quo in agricoltura, che continua in un progetto devastante per la biodiversità.
Nel silenzio dei media “generalisti” che non hanno dato spazio a questa importante notizia, noi continueremo, che la legge venga approvata o meno, a denunciare pubblicamente gli autori di questo sciagurato intervento che reprime gli sforzi per un ripristino di quella che dovrebbe essere solo la normalità necessaria a garantire la prosecuzione della vita su questo pianeta.

Eléne Martin