«A scuola di clima» è un libro sul futuro rivolto alle nuove generazioni, concepito per avviare dibattiti e confronti tra gli adolescenti e la politica. Pubblicato dall’editore Albatros, è stato scritto da Giuseppe d’Ippolito sul finire del proprio mandato parlamentare e da Alice Imbastari, giovanissima ambientalista diventata icona del movimento «Fridays for Future» dell’Italia.

Uscito nella scorsa estate, il testo merita molta attenzione. Si tratta di una lunga ed incalzante intervista della ragazza all’ormai ex deputato, da oltre 20 anni operativo su alcune grandi questioni: la riduzione (in parte inattuata) dell’inquinamento, il riciclo e il riuso dei rifiuti, le energie pulite e la tutela dell’ambiente come priorità dei governi e diritto dei cittadini. 

Nel volume, che ha la prefazione di Sergio Costa, già ministro dell’Ambiente, Imbastari pressa D’Ippolito sulle cause dell’emergenza climatica, sulle responsabilità delle istituzioni pubbliche, sulle omissioni e sulle rinunce degli Stati ricchi rispetto al dovere di contrastare i cambiamenti climatici, causa di disastri e pericoli per la vita in generale e per l’equilibrio del pianeta. Dal canto suo, D’Ippolito, tra l’altro giurista, già docente universitario e nella scorsa legislatura della Camera componente della commissione Ambiente, risponde con onestà intellettuale: senza retorica, ipocrisia e fumosità. Accetta, anzi, lo scetticismo iniziale della sua intervistatrice, che grazie alle proprie scelte ed esperienze ha già acquisito una cultura notevole sul surriscaldamento della Terra e sulle relative conseguenze, come sui danni prodotti dalla plastica e da altri inquinanti.

Il problema di fondo, che «A scuola di clima» fa emergere di riflesso, è che decisori e legislatori agiscono in proprio, non parlano con i destinatari delle loro attività e, nonostante le apparenze, tengono a distanza le ultime generazioni, che dovranno subire i danni e i pericoli dei cambiamenti del clima indotti da un capitalismo onnivoro, sregolato, dominante e sempre più raramente messo in discussione.

L’operazione culturale di questo libro ha una triplice valenza: istruttiva, perché spiega in maniera semplice le basi dei cambiamenti climatici e i ritardi cumulati dalla politica; pedagogica, perché mostra un impegno, sia istituzionale che della società civile, che non andrebbe disperso; infine di stimolo per le scuole, intese come luogo di formazione e promozione dei saperi, della conoscenza, della capacità di giudizio e, sarebbe auspicabile, di difesa dei beni comuni, compreso l’ambiente come «casa di tutti» – per dirla con Papa Francesco e con il teologo della storia e profeta della speranza Gioacchino da Fiore, pensatore medievale che anticipò il Rinascimento e portò nel cristianesimo il concetto di natura vivente insieme all’uomo.

Probabilmente, «A scuola di clima» è il primo libro italiano nato da una discussione libera e aperta tra un minorenne e un parlamentare, che nello specifico hanno provato a ridurre le loro distanze di età, linguaggio e personalità per ritrovarsi su un obiettivo fondamentale: dare ai più giovani e alle scuole uno strumento per riflettere e produrre nuovi contenuti sull’allarme climatico, il primo problema, spesso invisibile, per il futuro del pianeta, dell’uomo e della vita. Vale la pena leggere il volume e discuterne, divulgarne il contenuto, l’attualità e l’importanza

Emiliano Morrone, giornalista