Negli ultimi anni il Black Friday è diventato uno degli appuntamenti commerciali più rilevanti a livello globale, capace di generare in poche ore volumi di vendita paragonabili a quelli di interi trimestri fiscali. Tuttavia, dietro l’apparente beneficio economico si nasconde un impatto ambientale e sociale sempre più difficile da ignorare. L’esplosione degli acquisti online, l’impennata delle consegne rapide, l’aumento dei resi e la produzione record di imballaggi accentuano tutte le criticità strutturali del modello di consumo lineare che dobbiamo impegnarci a superare. Le più recenti normative – dalla direttiva 2024/825 sulla tutela dei consumatori nella transizione verde, al Regolamento Ecodesign (ESPR), fino al nuovo quadro per la riduzione dei rifiuti da imballaggio (PPWR) – convergono verso un obiettivo chiaro: ridurre gli impatti ambientali dei prodotti lungo l’intero ciclo di vita e limitare le pratiche commerciali che incentivano l’obsolescenza accelerata e il sovraconsumo. Il Black Friday, al contrario, funziona come un moltiplicatore di tutte le inefficienze del sistema produttivo e distributivo, generando picchi di emissioni climalteranti, scarti, sprechi e traffico logistico. Comprendere perché questa ricorrenza è incompatibile con gli obiettivi climatici, circolari e di tutela dei consumatori non significa demonizzare il commercio, ma analizzare con rigore tecnico un fenomeno che incide sempre più profondamente sulla sostenibilità del mercato europeo e sulla coerenza delle politiche pubbliche. È in questo contesto che ci si propone di offrire una lettura integrata – normativa, ambientale ed economica – delle conseguenze del Black Friday, basata su dati aggiornati e sulle più recenti evoluzioni del diritto europeo sui consumatori e sulla sostenibilità.
Ogni anno, tra fine novembre e inizio dicembre, miliardi di persone vengono trascinate nell’enorme vortice commerciale del Black Friday. Per molti è una festa dei prezzi bassi, un’occasione per concedersi ciò che durante l’anno non si è potuto comprare. Per altri è un rituale collettivo che dà il via allo shopping natalizio. Ma quasi mai questa giornata viene raccontata per ciò che realmente genera: un enorme impatto ambientale nascosto, sistemico, che si ripete ogni anno su scala globale.
L’idea alla base è semplice: spingere il consumatore ad acquistare più velocemente, più impulsivamente e soprattutto più di quanto avesse davvero bisogno. Ma il prezzo nascosto di questa logica non è solo economico. È sociale e ambientale. E sta diventando sempre più insostenibile.
Il Black Friday viene generalmente narrato come un evento commerciale innocuo, una celebrazione degli sconti che dà impulso all’economia. In realtà, il meccanismo che lo sostiene è sempre più in contrasto con l’evoluzione del diritto ambientale ed economico dell’Unione europea, che negli ultimi anni ha introdotto numerosi strumenti per ridurre il sovraconsumo, l’obsolescenza prematura e l’impatto ambientale dei prodotti.
Il Black Friday si inserisce infatti nel modello economico che il consumerismo moderno e l’UE stanno cercando di superare: quello della linearità, dell’usa-e-getta e della domanda artificiale generata dalla pressione commerciale.
UN MODELLO DI CONSUMO CHE AMPLIFICA LA CRISI CLIMATICA
Il Black Friday non risponde a un bisogno reale: lo crea. È una giornata costruita sul principio del sovraconsumo, cioè l’atto di consumare al di sopra delle proprie necessità effettive. Questo comporta un aumento enorme della domanda di prodotti, molti dei quali destinati a durare poco o a essere utilizzati raramente.
L’economia del “compra oggi, non ci pensare domani” è in contrasto diretto con i principi della sostenibilità. Ogni prodotto acquistato implica l’estrazione di materiali, l’uso di energia, l’impiego di acqua e la produzione di rifiuti. Quando gli acquisti si concentrano in un brevissimo arco di tempo, l’intero sistema produttivo e logistico viene stressato, aumentando ulteriormente le emissioni.
Al centro del Green Deal europeo c’è la trasformazione del sistema produttivo europeo in senso circolare, efficiente nell’uso delle risorse e orientato alla riduzione degli impatti lungo il ciclo di vita dei prodotti.
Il Black Friday alimenta l’esatto contrario: un picco di consumi concentrato in poche ore che provoca: aumento della produzione di beni a breve vita; incremento delle emissioni nella logistica; crescita di rifiuti e resi; sovrapressione sulle catene di approvvigionamento
Secondo la Direttiva quadro sui rifiuti, prevenire la produzione di rifiuti è la priorità assoluta nella gerarchia europea. Il Black Friday, al contrario, finisce per favorire maggior rifiuti da imballaggio e, in particolare, maggiori rifiuti elettronici, la categoria in più rapida crescita in Europa e maggiori rifiuti tessili, oggetto della nuova strategia UE per il tessile sostenibile
CONSUMATORI TUTELATI O MANIPOLATI? LE NORME UE SULLE PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE
La logica dello “sconto irripetibile oggi” può essere considerata, in molti casi, una pratica commerciale aggressiva.
La Direttiva sulle pratiche commerciali sleali e la sua evoluzione con la Direttiva (UE) 2019/2161, che mira a modernizzare la protezione dei consumatori, vietano tutti i countdown fittizi. Ma anche i claim ingannevoli, gli annunci di riduzioni di prezzo basati su prezzi artificiosamente alzati prima del Black Friday. Nè sono ammissibili, anzi sono vietate, le pressioni psicologiche progettate per indurre l’acquisto compulsivo.
Queste pratiche, molto diffuse durante il Black Friday, dovrebbero essere sempre più oggetto di controllo delle autorità nazionali.
LA LOGISTICA DEL BLACK FRIDAY: UNA MACCHINA AD ALTISSIMA INTENSITÀ DI CARBONIO
La crescita dell’e-commerce ha amplificato gli effetti del Black Friday. Consegne rapide, spesso gratuite, creano un incentivo a comprare senza riflettere sulle conseguenze. Ma la consegna “in 24 ore” ha un prezzo nascosto a carico di consumatori e ambiente. Aumentano i furgoni in circolazione in percorsi meno ottimizzati e con mezzi spesso meno efficienti. E aumenta il consumo di carburante.
Nelle grandi città, l’aumento del traffico dei mezzi di consegna nei giorni del Black Friday provoca un incremento significativo delle emissioni di CO2, degli ossidi di azoto e di particolato. Una stima di T&E (Transport & Environment) valuta che il traffico di camion legato ai beni venduti per il Black Friday ha prodotto circa 1,23 milioni di tonnellate di CO₂ in Europa nel 2022 (aumento stimato di ca. il 94% rispetto a una settimana “media”). Questa stima si basa sull’analisi dell’incremento di domanda e della conversione in attività di trasporto su strada. Nella settimana Black Friday 2022/2023): ca. 1.2 MtCO₂ (milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente) sono stati emesse solo dai camion che trasportano i beni collegati alle vendite promozionali.
Il tutto per garantire un servizio che soddisfa più l’impulso d’acquisto che una reale necessità.
IL PARADOSSO DEI RESI: IL CICLO VIZIOSO DELLO SPRECO
Uno degli aspetti più sottovalutati del Black Friday è il fenomeno dei resi. L’acquisto impulsivo, alimentato dagli sconti, porta a una percentuale altissima di articoli restituiti.
Il reso, però, non è un gesto neutrale perché anch’esso genera nuovi trasporti, con nuovi imballaggi e nuove emissioni.
Studi internazionali affermano che i resi e l’e-commerce sono responsabili di una quota significativa di emissioni. Tali studi di organismi internazionali stimano che fino a ca. 24 milioni di tonnellate di CO₂ potrebbero essere attribuibili ai resi e alle inefficienze del processo di e-commerce.
E, soprattutto, il meccanismo dei resi comporta il rischio che il prodotto non torni mai sul mercato. In molti casi, infatti, verificare, ricondizionare e rivendere un articolo restituito costa più che smaltirlo. Risultato: una parte significativa finisce in discarica o negli inceneritori.
Il Black Friday trasforma oggetti nuovi in rifiuti in pochi giorni. È una contraddizione totale rispetto ai principi dell’economia circolare.
FAST FASHION E FAST TECH: QUANDO LO SCONTO ALIMENTA L’USA E GETTA
Per poter offrire sconti così profondi, molte aziende producono linee di minor qualità o puntano su materiali economici e difficili da riciclare. È il caso della fast fashion e del fast tech: prodotti pensati per durare poco, venduti a margini ridottissimi e destinati a essere rapidamente sostituiti.
Questo modello ha un impatto enorme: tessuti sintetici che rilasciano microplastiche, elettronica difficile da riparare, accessori che si rompono dopo pochi utilizzi. La spinta alla produzione continua di beni a bassa durabilità è uno dei principali fattori di pressione sugli ecosistemi e sulle risorse naturali globali.
LA CONCORRENZA SLEALE CHE SCHIACCIA IL COMMERCIO LOCALE
Il Black Friday mette in difficoltà il commercio di prossimità.
Le piccole attività, prive di grandi margini o di logistica ottimizzata, non possono competere con gli sconti delle piattaforme globali. Il risultato è un progressivo indebolimento del tessuto commerciale locale, che notoriamente genera meno impatti ambientali e più valore sociale.
Nel lungo periodo, questo spinge la società verso un modello che favorisce grandi operatori globali, centralizzati, inquinanti e basati sulla massimizzazione del volume di vendita.
IL BLACK FRIDAY COME DISPOSITIVO CULTURALE: CONSUMARE PER ESISTERE
Oltre all’impatto ambientale, c’è un aspetto culturale profondamente problematico. Il Black Friday alimenta un immaginario in cui il consumo diventa risposta allo stress, momento di festa, rito sociale. È una forma di iper-narrazione commerciale che lega la felicità personale all’acquisto.
Dal punto di vista climatico, questa è una delle barriere più forti da superare. Finché l’acquisto rimarrà il centro della costruzione identitaria, qualsiasi politica di sostenibilità rischia di rimanere superficiale.
ESISTONO ALTERNATIVE? SÌ, MA RICHIEDONO UNA RIVOLUZIONE CULTURALE
Alcune iniziative cercano di ribaltare la logica del Black Friday:
- un Green Friday, che promuova acquisti consapevoli e donazioni
- un Buy Nothing Day, che inviti a non comprare nulla per 24 ore
- un Circular Monday, dedicato a riparazione, riuso e seconda vita dei prodotti
Sono movimenti ancora minoritari, ma mostrano che una strada diversa è possibile: meno frenesia commerciale, più durata, più valore, meno spreco.
IL PREZZO DEL BLACK FRIDAY È PAGATO DAI CONSUMATORI E DAL PIANETA
La narrativa degli sconti irresistibili non racconta tutto. Il Black Friday non è semplicemente un giorno di shopping: è un moltiplicatore di impatti ambientali.
È una celebrazione del consumo che accelera crisi già in corso: cambiamento climatico, perdita di biodiversità, esaurimento delle risorse, inquinamento da rifiuti.
Per cambiare rotta non basta ridurre lo shopping di un giorno all’anno: serve ripensare il nostro rapporto con gli oggetti, spostando l’attenzione dalla quantità alla qualità, dalla velocità alla durabilità, dall’accumulo alla consapevolezza.
Il vero sconto, oggi, sarebbe quello sulla pressione che esercitiamo sul pianeta.
E non arriverà mai da un carrello della spesa.
Gianni Cavinato, Presidente nazionale
Associazione Consumatori Utenti (ACU)



