Negli ultimi anni, l’Europa ha moltiplicato gli annunci trionfalistici sulla transizione ecologica, il Green Deal e l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050. I leader politici promettono una rivoluzione energetica “giusta e inclusiva”, mentre le istituzioni europee e nazionali si affrettano a varare piani, fondi e strategie “verdi” per affrontare la crisi climatica. Ma dietro le conferenze stampa e le infografiche ottimiste, si nasconde una realtà brutale e sistematicamente ignorata: milioni di cittadini europei vivono oggi in una condizione di povertà energetica, tagliati fuori dalla transizione e abbandonati da un sistema che continua a trattare l’energia come una merce, e non come un diritto. In Italia, questa situazione assume contorni ancora più gravi: interi quartieri delle periferie urbane, borghi delle aree interne, case popolari, abitazioni fatiscenti e mal isolate ospitano famiglie che d’inverno non riescono a riscaldarsi e d’estate vivono in ambienti invivibili. Il caro energia, esploso con la guerra in Ucraina ma alimentato da decenni di scelte miopi e privatizzazioni, ha reso ancora più vulnerabili coloro che già faticavano a pagare bollette sempre più alte. Ma nonostante l’evidenza, la povertà energetica resta un tema periferico nel dibattito pubblico e nelle agende politiche, trattato come una questione tecnica o caritatevole, piuttosto che come una sfida strutturale di giustizia sociale e ambientale. Questo articolo nasce proprio per rompere il silenzio su questa emergenza taciuta. Spiegheremo cos’è la povertà energetica, come si manifesta e quali sono le sue cause profonde. Analizzeremo le risposte – spesso inefficaci o ipocrite – messe in campo dalle istituzioni europee e italiane. E soprattutto proveremo a rispondere a una domanda urgente: chi sta ostacolando soluzioni vere? E cosa possiamo fare, come cittadini, ricercatori, attivisti, per rimettere al centro della transizione energetica proprio coloro che oggi ne stanno pagando il prezzo più alto. Perché non si tratta solo di bollette o di efficienza energetica: si tratta di scegliere se costruire una società che garantisce dignità e diritti, o una in cui l’energia pulita sarà il privilegio di pochi.

 

 

A classic cast iron radiator stands in quiet service beside a condensation-speckled window, its ornate metal ridges bathed in honeyed afternoon light. Wisps of steam rise gently through the golden sunbeams, dancing in the warm glow that fills this corner of the room. The contrast between the radiator's comforting warmth and the suggested winter chill beyond the glass creates a moment of peaceful domestic tranquility. The aged metal and wooden window frame speak to a bygone era of home heating, evoking nostalgia while still fulfilling its timeless purpose of providing comfort.COS’È LA POVERTÀ ENERGETICA?
La povertà energetica non è solo la difficoltà a pagare una bolletta: è l’impossibilità strutturale, per milioni di persone, di riscaldare la propria casa d’inverno o rinfrescarla d’estate, di cucinare in sicurezza, di accendere la luce o far funzionare un frigorifero. È una forma di esclusione sociale che colpisce le famiglie più vulnerabili, aggravando le disuguaglianze e minando diritti fondamentali come quello alla salute, al benessere e alla dignità.
Secondo le definizioni adottate da diverse istituzioni europee, tra cui l’Osservatorio Europeo sulla Povertà Energetica (EPOV), si è in condizione di povertà energetica quando una famiglia non è in grado di assicurarsi un livello minimo di servizi energetici per un’esistenza dignitosa e sana. Le cause? Redditi bassi, costi energetici elevati, abitazioni mal isolate, impianti obsoleti, assenza di politiche strutturali.

COME SI MANIFESTA IN EUROPA E IN ITALIA?
In Europa, si stima che oltre 50 milioni di cittadini vivano in povertà energetica, un numero che è cresciuto vertiginosamente con la crisi dei prezzi energetici scatenata dalla guerra in Ucraina. L’Italia, nonostante sia un Paese a clima mite rispetto al nord Europa, non è affatto immune: nel 2023, circa 2,2 milioni di famiglie italiane si trovavano in condizioni di povertà energetica (fonte: OIPE – Osservatorio Italiano sulla Povertà Energetica).
Le zone rurali, le periferie urbane degradate, gli edifici popolari degli anni ’60-’70, i nuclei familiari con anziani o bambini a carico, le famiglie monogenitoriali: sono queste le principali vittime invisibili della transizione ecologica fatta a parole.

LE (FINTE) SOLUZIONI EUROPEE E ITALIANE
L’Unione Europea ha inserito la lotta alla povertà energetica nel cuore del Green Deal e del Piano REPowerEU, con l’intenzione di “non lasciare indietro nessuno”. Ma la realtà è ben diversa.
Molti strumenti messi in campo – come il Social Climate Fund previsto per il periodo 2026-2032 – sono ancora lontani dall’essere operativi e, comunque, sono insufficienti. Si tratta spesso di finanziamenti condizionati, affidati agli Stati membri senza una strategia vincolante di lungo periodo. Le misure sono centrate su sussidi temporanei, bonus calmiere, e meccanismi di compensazione – palliativi che non risolvono le radici strutturali del problema.
In Italia il quadro è addirittura desolante: il Bonus Sociale Luce e Gas è uno strumento utile, ma limitato, poco conosciuto, mal distribuito, e privo di reale impatto nel medio termine. Gli interventi di riqualificazione energetica (come l’ex Superbonus 110%) sono stati concepiti male: hanno favorito chi aveva già risorse e capacità amministrativa, lasciando escluse le fasce sociali più fragili.

torri di trasmissione nere sotto il cielo verdeLE SOLUZIONI CI SONO. MA CHI LE OSTACOLA?
Contrastare la povertà energetica richiede una visione politica forte, fondata su giustizia climatica e sociale. Le soluzioni possibili includono:

  • un programma europeo vincolante di riqualificazione degli alloggi pubblici e popolari;
  • l’introduzione di tariffe energetiche sociali permanenti e non discrezionali;
  • l’autoproduzione energetica collettiva con il sostegno alle comunità energetiche rinnovabili;
  • un accesso garantito all’energia come diritto umano, scollegato dai meccanismi speculativi del mercato;
  • una revisione della fiscalità energetica, per ridurre il peso iniquo delle accise sulle bollette domestiche.

Ma queste soluzioni vengono rallentate o ostacolate da:

  • l’inerzia politica nazionale, che trasforma la povertà energetica in un tema marginale, affrontato con slogan e sussidi spot;
  • le lobby energetiche, che temono la perdita di profitti derivante da una reale democratizzazione dell’energia;
  • le pastoie burocratiche che rendono impossibile per molti accedere a bonus e bandi;
  • l’assenza di coordinamento tra livello locale, nazionale ed europeo.

Vista a volo d'uccello di sedersi su una panchina durante la discussioneLA VERITÀ SCOMODA: È UNA SCELTA POLITICA
Se oggi milioni di cittadini europei devono scegliere tra accendere il riscaldamento e fare la spesa, non è colpa della transizione ecologica, ma di una transizione mal progettata, costruita senza ascoltare chi vive in povertà.
Chi parla di “neutralità climatica” entro il 2050, ma non investe nell’inclusione energetica, sta vendendo una favola tossica. Le grandi dichiarazioni green, senza giustizia sociale, sono greenwashing istituzionale.

CALL TO ACTION: ENERGIA COME DIRITTO, NON COME MERCE
È il momento di dire basta alla retorica. La povertà energetica è un’emergenza democratica. Non bastano più bonus e proclami. Serve una mobilitazione collettiva: cittadini, associazioni, enti locali, ricercatori, sindacati devono pretendere una vera riforma del sistema energetico, fondata sulla redistribuzione e sulla partecipazione.
Chiediamo che l’accesso all’energia sia riconosciuto come diritto fondamentale a livello europeo. Chiediamo investimenti massicci per l’efficienza energetica delle case popolari, per le comunità energetiche nei quartieri vulnerabili, per una fiscalità energetica equa. E chiediamo trasparenza, giustizia e responsabilità.
Non c’è transizione giusta senza giustizia sociale. Non c’è futuro verde se milioni restano al freddo.

Hèléne Martin