Con l’adozione del “Piano d’azione per un’industria chimica europea più forte” presentato dalla Commissione europea l’8 luglio 2025 (COM(2025) XXX final, pubblicato sul sito della Commissione), Bruxelles compie una mossa decisiva per sostenere uno dei settori più strategici, ma anche più controversi, del sistema produttivo europeo. Il piano, parte del sesto pacchetto di semplificazioni normative (“omnibus”), si propone di rilanciare un comparto che rappresenta oltre 1,2 milioni di posti di lavoro diretti, ma che oggi è minacciato da concorrenza globale, costi energetici insostenibili e vincoli normativi crescenti. Dietro la retorica della “chimica verde” e della sovranità industriale, però, si nasconde una partita delicata, che riguarda da vicino la gestione delle sostanze pericolose come i PFAS, il ruolo delle semplificazioni regolatorie e la tenuta degli impegni ambientali dell’Unione. È un provvedimento che, mentre promette di snellire la burocrazia e attrarre investimenti, rischia di riaprire spazi al greenwashing e di indebolire le tutele per salute e ambiente, nel nome della competitività. Cosa prevede davvero questo piano? E quali insidie si nascondono tra le pieghe delle “semplificazioni”? Analizziamo luci e ombre di una strategia che potrebbe ridefinire il futuro della chimica europea — e della politica ambientale dell’UE.
L’Unione europea ha presentato un nuovo Piano d’azione per l’industria chimica, uno dei settori strategici del manifatturiero europeo, oggi al quarto posto per importanza economica. Il pacchetto rientra nel sesto round di semplificazioni normative della Commissione e segue quelli già dedicati all’automotive e all’acciaio.
L’obiettivo? Rafforzare la competitività, attrarre investimenti, ridurre la dipendenza da importazioni critiche e accelerare la transizione verde. Tuttavia, non mancano le criticità, in particolare sui temi della sostenibilità e della gestione delle sostanze pericolose come i PFAS.
UN SETTORE CRUCIALE MA SOTTO PRESSIONE
Con oltre 29.000 imprese e 1,2 milioni di lavoratori diretti, l’industria chimica è alla base di gran parte della produzione industriale europea. Eppure, tra costi energetici elevati, concorrenza cinese e burocrazia complessa, il comparto rischia di perdere terreno.
Il piano si muove su quattro direttrici:
- Rendere la filiera più resiliente, con la creazione della Critical Chemical Alliance;
- Abbassare i costi energetici, anche tramite incentivi all’idrogeno e al riciclo chimico;
- Favorire l’innovazione verde, con fondi e agevolazioni per la bioeconomia e l’economia circolare;
- Regolare i PFAS, prevedendone restrizioni d’uso tranne che per applicazioni essenziali.
PFAS: RESTANO MARGINI DI AMBIGUITÀ
Le cosiddette “sostanze per sempre” (PFAS) sono da anni al centro del dibattito sanitario e ambientale. Persistenti e tossiche, sono ancora ampiamente utilizzate in numerosi beni di consumo.
Il piano prevede limitazioni d’uso, ma consente deroghe per settori “critici” come l’elettronica e la difesa. Secondo ambientalisti e alcuni eurodeputati, ciò potrebbe rallentare l’eliminazione delle sostanze più pericolose, aprendo la porta a ritardi normativi e pressioni industriali.
SEMPLIFICAZIONI: UTILE SNELLIMENTO O DEREGOLAMENTAZIONE?
Nel pacchetto è incluso anche un corposo intervento di semplificazione:
- meno obblighi per l’etichettatura di sostanze pericolose,
- iter più rapidi per registrare cosmetici e fertilizzanti,
- riforma dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA).
La Commissione stima 363 milioni di euro l’anno di risparmi per il settore. Ma il rischio, secondo le opposizioni, è che si finisca per indebolire le tutele sanitarie e ambientali in nome dell’efficienza.
GREEN CHEMISTRY: OBIETTIVI AMBIZIOSI, STRUMENTI DEBOLI
Il piano parla di “clean chemicals” e “transizione sostenibile”, ma non impone criteri vincolanti per sostituire le sostanze pericolose con alternative sicure. Gli strumenti restano in gran parte volontari o incentivati, con ampi margini di discrezionalità nazionale.
Ciò potrebbe frammentare il mercato interno e offrire spazio a strategie di greenwashing, dove prodotti con minime migliorie ambientali vengano presentati come “sostenibili” senza veri requisiti condivisi.
UNA SCELTA POLITICA: QUALE CHIMICA PER L’EUROPA?
Il piano risponde a una necessità concreta: ricostruire una base industriale autonoma e resiliente. Tuttavia, il compromesso tra rilancio economico e tutela ambientale sembra ancora sbilanciato.
Per essere coerente con gli impegni del Green Deal, l’UE dovrà accompagnare questa strategia con:
- regole chiare e vincolanti su sostanze pericolose;
- controlli trasparenti sui beneficiari degli incentivi;
- un monitoraggio costante degli impatti sanitari e ambientali.
CONCLUSIONE
Il nuovo Piano UE per l’industria chimica è un passo strategico per rafforzare la competitività europea. Ma se la semplificazione diventa sinonimo di arretramento normativo, e se la transizione verde resta affidata solo a logiche di mercato, il rischio è di perdere credibilità proprio sui temi su cui l’Europa vuole guidare il mondo.
Serve più coraggio. Non solo per rilanciare un settore cruciale, ma per farlo senza sacrificare la salute e l’ambiente.
Hèléne Martin
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