
Negli ultimi anni abbiamo assistito a un paradosso preoccupante: mentre la crisi climatica diventa sempre più evidente, l’azione concreta per contrastarla sembra rallentare. Se la scienza è chiara e le soluzioni esistono, cosa sta frenando il cambiamento? La risposta, secondo un nuovo rapporto dell’IPIE (International Panel on the Information Environment), sta anche nell’informazione stessa. O meglio, nella disinformazione. Bugie ben orchestrate, notizie fuorvianti e mezze verità stanno creando confusione, alimentando il dubbio e minando la fiducia nella scienza. Il risultato? Una società divisa, incerta e spesso incapace di pretendere dai propri governi azioni adeguate. Questo articolo racconta cosa dice il rapporto IPIE 2025, quali sono le principali fonti di disinformazione climatica, come funzionano e, soprattutto, cosa possiamo fare per difendere il nostro diritto a un’informazione corretta sul futuro del pianeta.
Negli ultimi anni, un numero crescente di persone ha compreso la gravità della crisi climatica. Ma allora perché le azioni concrete sono ancora così lente? Perché molti governi non fanno abbastanza, o prendono decisioni incoerenti? Secondo un importante rapporto pubblicato pochi mesi fa dall’IPIE (International Panel on the Information Environment), la colpa è anche della disinformazione sul cambiamento climatico.
Questo rapporto, intitolato “Information Integrity about Climate Science: A Systematic Review”, mette in luce un problema spesso sottovalutato: le bugie, i messaggi fuorvianti e le mezze verità che circolano ogni giorno sul clima, soprattutto online. Questi contenuti confondono le persone, seminano dubbi inutili e frenano le azioni politiche che sarebbero invece urgenti.
CHI DIFFONDE LA DISINFORMAZIONE SUL CLIMA
Secondo il rapporto, i principali responsabili sono:
- Le grandi aziende dei combustibili fossili (come petrolio, carbone e gas), che hanno tutto l’interesse a difendere il proprio business anche a costo di manipolare le informazioni;
- Partiti politici e governi, soprattutto quelli populisti o conservatori, che spesso negano l’urgenza della crisi climatica o attaccano la scienza per ottenere consenso;
- Piattaforme social e media, dove notizie false o fuorvianti si diffondono molto più velocemente di quelle vere;
- Pseudoscienziati, influencer e persino certi insegnanti, che a volte diffondono in buona fede (ma con scarso rigore) informazioni sbagliate.
COME AVVIENE LA DISINFORMAZIONE
Le tecniche usate sono molte:
- Negare che il cambiamento climatico sia causato dall’uomo;
- Seminare dubbi sulla scienza o sulle soluzioni proposte (come le energie rinnovabili o le tasse sul carbonio);
- Creare teorie del complotto, come quella secondo cui il riscaldamento globale sarebbe “un’invenzione delle élite”;
- Fare greenwashing, cioè, fingere di essere sostenibili per guadagnare la fiducia dei consumatori, mentre si continua a inquinare;
- Manipolare i dati scientifici, oppure selezionarli in modo da far dire loro il contrario della verità.
DOVE CIRCOLA QUESTA DISINFORMAZIONE
Non solo sui social, dove bot e troll spesso amplificano contenuti ingannevoli, ma anche nei media tradizionali. In particolare, giornali e tv con orientamento politico conservatore o populista tendono a dare spazio a opinioni che mettono in dubbio la crisi climatica. A volte, lo fanno presentando come “dibattito” ciò che invece è già stato ampiamente dimostrato dalla scienza.
Anche le pubblicità aziendali giocano un ruolo: molte promuovono un’immagine “verde” che non corrisponde alla realtà, o spingono la colpa delle emissioni sui consumatori, sollevando le imprese da ogni responsabilità.
QUALI SONO GLI EFFETTI
Tutti questi messaggi ingannevoli hanno delle conseguenze molto concrete:
- Le persone si fidano meno della scienza;
- L’opinione pubblica si divide e si confonde;
- I governi ritardano le azioni necessarie, perché la popolazione non li spinge con forza a intervenire;
- Le soluzioni più urgenti vengono ostacolate, proprio quando ci sarebbe bisogno di fare in fretta.
COSA SI PUÒ FARE
Il rapporto non si limita alla denuncia, ma indica anche quattro azioni chiave che funzionano:
- Approvare leggi chiare sull’etichettatura e la trasparenza delle emissioni di CO₂;
- Usare azioni legali contro le aziende che mentono sul proprio impatto ambientale;
- Costruire alleanze tra scienziati, politici, educatori, media e cittadini, per difendere la verità;
- Promuovere una buona educazione ambientale, sia per i giovani che per chi prende le decisioni.
IL SAPERE C’È, MA SERVE PROTEGGERE L’INFORMAZIONE
In sintesi, la scienza sa bene cosa sta succedendo e cosa bisogna fare. Ma troppe persone ancora non hanno accesso a informazioni corrette, oppure ne ricevono di false o manipolate. Se non proteggiamo l’integrità dell’informazione sul clima, non potremo affrontare davvero la crisi climatica.
Serve più che mai una comunicazione onesta, trasparente e accessibile, perché solo una società ben informata può scegliere di cambiare.
Hèléne Martin
Cliccando qui troverete il rapporto IPIE 2025