Nel cuore dell’agenda europea per il clima e l’energia, i Piani Nazionali Energia e Clima (NECPs) rappresentano il banco di prova della credibilità degli Stati membri rispetto agli obiettivi condivisi al 2030. Non si tratta di documenti astratti o meramente programmatici, ma di veri e propri strumenti di pianificazione vincolante, in cui ciascun Paese dell’Unione è chiamato a definire – con precisione, ambizione e trasparenza – il proprio contributo alla transizione ecologica continentale. In questo quadro, il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) italiano assume un’importanza cruciale. È il documento che dovrebbe indicare, in modo coerente e verificabile, come l’Italia intende ridurre le emissioni di gas serra, accelerare sul fronte delle energie rinnovabili, migliorare l’efficienza energetica, rafforzare la sicurezza energetica e garantire una giusta transizione economica e sociale. In gioco non c’è solo la lotta ai cambiamenti climatici: c’è la traiettoria industriale, ambientale e sociale del Paese nei prossimi dieci anni. Eppure, a distanza di quasi sei anni dalla presentazione del primo PNIEC nel 2019, e dopo una lunga fase di aggiornamento culminata con l’invio del piano definitivo a Bruxelles, la Commissione Europea ha emesso un verdetto chiaro e severo: il piano italiano non è sufficiente, non è allineato agli obiettivi UE, e manca delle necessarie garanzie di attuazione. In altre parole, non è credibile. In questo articolo analizzo il contenuto della valutazione pubblicata dalla Commissione il 28 maggio 2025, ricostruendo le principali lacune del PNIEC italiano e raccogliendo le reazioni del mondo politico e degli esperti, cercando di fare il punto su cosa questa “bocciatura” significhi per l’Italia. Non si tratta solo di una questione tecnica o burocratica: in gioco c’è il ruolo che il nostro Paese vorrà – o potrà – giocare nella transizione ecologica europea, in un decennio decisivo per il futuro climatico del pianeta.

 

 

I Piani Nazionali Energia e Clima (NECPs) sono strumenti obbligatori per tutti gli Stati membri dell’UE, con cui ogni Paese definisce come intende contribuire agli obiettivi comuni di decarbonizzazione, efficienza energetica, rinnovabili e sicurezza energetica al 2030.

Gratis Torre Di Trasmissione Sotto Il Cielo Grigio Foto a disposizioneSTATO DEL PNIEC ITALIANO
Già nella versione aggiornata trasmessa a fine 2023, il PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia Clima) italiano è stato oggetto di critiche da parte di osservatori, ONG e istituzioni UE per i seguenti motivi principali:
– Mancata ambizione in linea con gli obiettivi europei rivisti (Fit for 55).
– Scarsa attenzione all’efficienza energetica e all’eolico.
– Uso eccessivo del gas come fonte “ponte”.
– Lacune nella governance e nel coinvolgimento degli stakeholder.

LA “BOCCIATURA” DEL 28 MAGGIO
Il 28 maggio la Commissione ha pubblicato le valutazioni ufficiali dei piani aggiornati, dalle quali è emerso un giudizio negativo sul PNIEC italiano, chiedendo ulteriori modifiche.
È stata evidenziata l’inadeguatezza nel raggiungimento degli obiettivi UE al 2030 ed è stato richiesto all’Italia di rafforzare le misure per energia rinnovabile e decarbonizzazione.
Il piano italiano è stato giudicato “non conforme agli obiettivi europei” su diversi fronti, tra cui rinnovabili, efficienza energetica, riduzione delle emissioni e credibilità delle misure attuative.
Secondo la Commissione, l’Italia continua a mostrare una preoccupante mancanza di ambizione e concretezza.
Nel dettaglio, le critiche europee si concentrano su quattro assi fondamentali:

Gratis Pannelli Solari Sulla Neve Con Il Mulino A Vento Sotto Il Cielo Limpido Foto a disposizione– Riduzione delle emissioni climalteranti
Il piano italiano non garantisce una traiettoria di riduzione sufficiente a contribuire equamente all’obiettivo UE di -55% di emissioni al 2030 rispetto al 1990. La Commissione segnala un gap tra intenzioni e risultati attesi, che rischia di compromettere l’intero bilancio climatico dell’Unione.

– Sviluppo delle energie rinnovabili
Il target italiano sulle fonti rinnovabili viene definito “non ambizioso”, soprattutto se confrontato con le potenzialità reali del Paese. L’Italia ha previsto un contributo del 40,7% di rinnovabili nei consumi lordi finali di energia al 2030, ma la Commissione spinge per superare il 45%.

– Efficienza energetica
Le misure presentate sono giudicate insufficienti. Non solo i target sono al di sotto delle aspettative europee, ma anche gli strumenti previsti per raggiungerli appaiono vaghi, senza dettagli operativi, risorse chiare o meccanismi di monitoraggio.

– Governance e credibilità attuativa
Il piano manca di una cornice istituzionale solida per garantire l’attuazione, oltre che di una pianificazione trasparente e coordinata tra i livelli nazionale e regionale. L’impressione della Commissione è che manchi una strategia coerente di lungo termine.

Gratis Fotografia Di Paesaggio Di Fabbrica Foto a disposizioneNella nota ufficiale della Commissione si legge: “L’Italia dovrà rafforzare considerevolmente le proprie politiche per allinearsi agli obiettivi climatici al 2030. Il piano presenta ancora lacune sostanziali e manca della necessaria ambizione” (Commissione Europea, NECP Assessment – Italy, 28 maggio 2025).

REAZIONI POLITICHE IN ITALIA
Il giudizio della Commissione ha generato reazioni contrastanti in ambito politico.
Il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha difeso il piano italiano: “Il nostro PNIEC tiene conto delle specificità industriali e territoriali italiane. Stiamo portando avanti una transizione realistica e pragmatica, senza mettere a rischio la competitività” (Dichiarazione ANSA, 29 maggio 2025).
Di tutt’altro avviso l’opposizione. Il deputato del Partito Democratico Marco Grimaldi ha parlato di “Un’occasione sprecata per dare all’Italia una direzione chiara verso la decarbonizzazione. La bocciatura europea certifica l’inerzia del governo sul clima” (Intervista a “la Repubblica”, 30 maggio 2025).

LE VOCI DEGLI ESPERTI
Molti esperti indipendenti hanno espresso preoccupazione per l’approccio italiano.
Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club: “L’Italia ha perso un’occasione per proporsi come leader della transizione verde nel Mediterraneo. Il piano è poco coraggioso, e ignora il potenziale enorme delle rinnovabili italiane.”
Monica Frassoni, ex eurodeputata verde ed esperta di politiche energetiche UE: “Questo giudizio era prevedibile. La Commissione ci aveva già segnalato il problema. Manca visione, manca pianificazione, e manca la volontà politica di guidare il cambiamento.”
Secondo il think tank Ecco – Climate NGO, autore di un’analisi indipendente sul PNIEC: “Il piano italiano è debole soprattutto sugli strumenti di attuazione. Senza meccanismi vincolanti e senza governance multilivello, resterà sulla carta.”

LE IMPLICAZIONI EUROPEE
Secondo la Commissione, se tutti i Paesi dell’UE seguissero una traiettoria simile a quella italiana, l’intero Green Deal europeo sarebbe a rischio. Bruxelles ha già fatto sapere che nei prossimi mesi si attendono correzioni e miglioramenti sostanziali, o l’Italia rischia di incorrere in procedure d’infrazione per inadempienza agli obblighi climatici.

Gratis Fumo Bianco Che Esce Da Un Edificio Foto a disposizioneCOSA SUCCEDE ORA
La “bocciatura” della Commissione non comporta sanzioni immediate, ma richiede una revisione del piano da parte dell’Italia. È un segnale politico forte. Le conseguenze non sono solo reputazionali. Un PNIEC debole espone l’Italia a rischi di procedura d’infrazione e può avere ripercussioni sull’accesso a fondi europei dedicati alla transizione energetica (come quelli del Green Deal, del REPowerEU e della Politica di Coesione).

UN’OCCASIONE MANCATA?
Il documento della Commissione arriva in un momento critico per la politica italiana, alle prese con spinte contrapposte tra esigenze di crescita economica e rispetto degli obiettivi climatici. Il PNIEC avrebbe potuto rappresentare una roadmap chiara verso la neutralità climatica, capace di orientare investimenti, innovazione e occupazione. Invece, la sensazione è quella di un piano scritto per adempiere formalmente, più che per guidare un reale cambiamento. L’Italia resta così indietro rispetto a Paesi come Spagna, Germania o Danimarca, che hanno ricevuto valutazioni complessivamente positive grazie a piani dettagliati, ambiziosi e già in fase attuativa.

CONCLUSIONE: UNO SNODO POLITICO, NON SOLO TECNICO
Il giudizio della Commissione sul PNIEC italiano non è solo un richiamo tecnico: è -dicevo- un segnale politico. L’Italia dovrà decidere se continuare con un approccio conservativo e frammentario, oppure se rilanciare con una strategia energetica e climatica credibile, capace di parlare alle imprese, ai cittadini e – soprattutto – al futuro del Paese.
La valutazione negativa della Commissione Europea non può essere liquidata come una divergenza tecnica tra Bruxelles e Roma. Al contrario, rappresenta uno snodo politico cruciale: solleva interrogativi profondi sulla volontà dell’Italia di contribuire in modo sostanziale alla transizione ecologica europea, e impone una riflessione urgente su scelte industriali, modelli energetici e strategie di lungo periodo.
In un contesto globale sempre più segnato da crisi climatiche, instabilità energetica e competizione tecnologica, il tempo dell’ambiguità è finito. L’Italia è chiamata a decidere se restare ai margini del cambiamento o diventare protagonista di una nuova stagione di innovazione sostenibile.
Ma per farlo servono visione, coraggio e coerenza: ingredienti che, per ora, il PNIEC non è riuscito a dimostrare.

Giuseppe d’Ippolito