Mentre l’Europa corre verso la neutralità climatica, l’Italia sembra inciampare sui propri stessi passi. In un momento cruciale per la transizione ecologica, il Governo ha deciso di deviare parte delle risorse del PNRR — originariamente destinate alla realizzazione di infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici — per finanziare nuovi incentivi all’acquisto di auto elettriche. A prima vista, potrebbe sembrare una mossa utile a stimolare il mercato. Ma osservando più da vicino, appare come un clamoroso cortocircuito strategico: si incoraggia l’acquisto di veicoli elettrici senza garantirne l’utilizzo quotidiano, in un Paese che soffre ancora per la scarsità e la distribuzione inadeguata delle colonnine di ricarica. Si tratta di una scelta che rischia di compromettere la fiducia dei cittadini nella transizione verde, ostacolando lo sviluppo di una mobilità sostenibile e accessibile. Ma soprattutto è il segnale di una visione distorta, che confonde il sostegno al consumo con la costruzione di un futuro. In questo articolo analizziamo perché spostare fondi da un’infrastruttura pubblica strategica a un incentivo individuale rischia di trasformare l’auto elettrica in un lusso inefficiente, anziché in uno strumento collettivo di cambiamento.

 

 

Nel complicato percorso italiano verso la transizione ecologica, un nuovo capitolo si aggiunge al dossier delle scelte discutibili: il Governo ha deciso di dirottare una parte delle risorse del PNRR destinate alla realizzazione di colonnine di ricarica per veicoli elettrici verso nuovi incentivi per l’acquisto di auto elettriche. Una decisione che, pur motivata dal desiderio di stimolare la domanda, rischia di trasformarsi in un boomerang sul piano della logica, dell’efficacia e della coerenza strategica.

Gratis Immagine gratuita di @all'aperto, accesso pubblico, ambiente Foto a disposizioneL’INFRASTRUTTURA PRIMA DELLA SPINTA AL CONSUMO
Uno dei principali freni alla diffusione dei veicoli elettrici in Italia non è il prezzo – seppur elevato – ma la mancanza di una rete capillare di ricarica pubblica. Nonostante i numerosi annunci, le colonnine sono ancora troppo poche, mal distribuite e spesso inaccessibili nei piccoli centri o nelle periferie urbane. Secondo i dati del Ministero dell’Ambiente, a fine 2024 l’Italia era ancora ben lontana dagli obiettivi europei fissati per il 2025.
In questo contesto, spostare fondi pubblici da un intervento strutturale come l’installazione delle colonnine a uno squisitamente congiunturale come l’incentivo all’acquisto appare come una mossa miope, se non incoerente.

IL PIANO DEL GOVERNO
La misura prevede l’utilizzo di circa 240 milioni di euro del PNRR, che inizialmente erano destinati allo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica urbana e superstradale. Ora saranno impiegati per rifinanziare l’ecobonus auto, con contributi fino a 13.750 euro per chi acquista un’auto elettrica e rottama un veicolo vecchio, in presenza di un ISEE sotto i 30.000 euro.
L’obiettivo, secondo il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, è di “accelerare la penetrazione dell’elettrico” in un mercato che vede ancora la stragrande maggioranza delle immatricolazioni riferite a veicoli a benzina, diesel o mild-hybrid.

Gratis Immagine gratuita di ambiente urbano, anhang, architettura della città Foto a disposizioneUN CORTOCIRCUITO STRATEGICO
Il punto debole di questa scelta è il seguente: a che serve incentivare l’acquisto di auto elettriche, se poi i cittadini non trovano dove ricaricarle? Il rischio è duplice: da un lato, si spingono le persone a comprare veicoli che poi diventano difficili da gestire nella vita quotidiana; dall’altro, si indebolisce l’unica vera infrastruttura che garantirebbe un effetto duraturo e sistemico nel tempo.
Inoltre, la natura stessa del PNRR – un piano europeo pensato per colmare i ritardi strutturali del nostro Paese – viene tradita nel suo spirito. Il PNRR non nasce per finanziare consumi individuali, ma per costruire un futuro resiliente e sostenibile, migliorando servizi pubblici e infrastrutture.

LE CRITICHE
Le reazioni non si sono fatte attendere. Le associazioni ambientaliste hanno definito il provvedimento “una toppa su un buco sbagliato”. Anche molti esperti del settore energia e trasporti sottolineano che l’elettrificazione della mobilità richiede prima di tutto una rete capillare, affidabile e accessibile di ricarica. Senza di essa, il rischio è che le auto elettriche restino un prodotto per pochi privilegiati, e non una soluzione di massa.
Inoltre, la Commissione europea potrebbe chiedere spiegazioni, visto che i fondi PNRR sono vincolati a milestone precise e a obiettivi di lungo termine. Un uso improprio delle risorse potrebbe compromettere l’erogazione futura di altre tranche del piano.

UNA STRATEGIA DA RIPENSARE
La vera domanda che emerge da questa vicenda è: vogliamo davvero una transizione ecologica o stiamo solo cercando di dare l’impressione di farla? Puntare su bonus spot, slegati da una strategia infrastrutturale coerente, rischia di generare frustrazione, sprechi e disillusione.
Se l’obiettivo è rendere l’Italia un Paese moderno, sostenibile e competitivo, allora occorre investire prima nei servizi pubblici e nelle infrastrutture, creando le condizioni per una reale trasformazione della mobilità.

Solo dopo si potrà parlare di incentivi all’acquisto. Invertire questo ordine significa, ancora una volta, mettere il carro davanti ai buoi.

Hèléne Martin