Il libro di Giuseppe d’Ippolito dal titolo “Il diritto del Greenwashing”, analizza il fenomeno del greenwashing sotto il profilo giuridico, esaminando come la normativa esistente, sia a livello nazionale che internazionale, affronti la questione delle pratiche ingannevoli in campo ambientale. Il libro si concentra sulle strategie di marketing che cercano di sfruttare la crescente domanda di prodotti “verdi” senza un’effettiva sostenibilità dietro le dichiarazioni, e discute le implicazioni legali per le aziende coinvolte in tali pratiche. Di seguito i punti salienti del libro. La definizione di Greenwashing: d’Ippolito fornisce una definizione chiara di greenwashing, considerando come le aziende possano creare un’illusione di sostenibilità senza attuare cambiamenti reali nei loro processi produttivi o nelle loro politiche aziendali. Il quadro normativo: L’autore esplora le normative esistenti, incluse le direttive europee, come la Direttiva sulle pratiche commerciali sleali e la Direttiva Green Claims, e come queste siano progettate per contrastare il greenwashing. Viene esaminato anche l’intervento delle autorità garanti della concorrenza e della protezione dei consumatori. La giurisprudenza e i casi studio: Il libro include analisi di casi concreti in cui aziende sono state accusate di greenwashing e le relative decisioni giudiziarie. Questo aiuta a capire come la legge stia evolvendo per affrontare le pratiche ingannevoli. Le riflessioni su future normative: d’Ippolito propone anche delle soluzioni normative future, come il miglioramento della trasparenza nella comunicazione ambientale delle aziende e l’introduzione di certificazioni e standard più rigorosi per evitare che le pratiche di greenwashing sfuggano al controllo. Il lavoro di d’Ippolito è particolarmente utile per comprendere le sfide legali e regolamentari legate al greenwashing in un contesto in cui la crescente attenzione alla sostenibilità si scontra con il rischio che le aziende approfittino di questo trend senza impegni concreti per l’ambiente. Se si vuole approfondire la questione del greenwashing dal punto di vista giuridico, questo libro è una risorsa fondamentale. Si trova in libreria e su tutti i principali siti di vendita online compreso, a prezzo scontato, quello dell’editore Pacini Giuridica, qui di seguito il link: IL DIRITTO DEL GREENWASHING – Pacini Editore

 

 

Ricordo le campagne pubblicitarie degli anni Sessanta sull’uso dei detersivi, sostitutivi dell’antico sapone di Marsiglia – non più di moda -, nonostante questo avesse pulito generazioni di vestiti. “Il bianco più bianco”, “non esiste lo sporco impossibile nemmeno nell’ammollo”, “la prova finestra (per dimostrare la lucentezza del pulito)”: slogan penetranti, con pubblicità di grande impatto – tanto da diventare dei modi di dire di uso corrente – per favorire il consumo dei detersivi.

BIO PRESTO - Il Mondo di CaroselloA nulla servirono i libri scientifici sugli effetti per l’ambiente e per la vita che avrebbero avuto soprattutto nelle acque i tensioattivi ed i prodotti chimici sostitutivi dell’antico sapone. Anche l’impegno di denuncia culturale contro la società dei consumi (si dovette attendere la fine del decennio ’60 perché un movimento giovanile di massa si opponesse alla società dei consumi) non divenne strumento di massa per frenare il fenomeno del consumismo; parlo di impegno dei grandi nomi della cultura di massa dell’epoca, anche in Italia (Pasolini, Volontè, Fellini, persino Celentano) che, paradossalmente, contribuirono anche loro al fenomeno del consumismo con la diffusione delle loro opere a livello popolare.

Ricordo un film del 1962 – “Boccaccio70” – composto di episodi di denuncia delle conseguenze dello sviluppo industriale e del consumo, in cui nell’episodio “Le tentazioni del dottor Antonio”, con la regia di Fellini, vi era una canzoncina composta da Nino Rota – grande compositore proveniente dall’avanguardia musicale del ‘900 – con un jingle che faceva “bevete più latte / il latte fa bene” in cui risultava evidente che l’invito ossessivo al consumo di latte faceva bene ai produttori industriali più che ai consumatori.

Se usassimo il punto di vista odierno, cioè quello sviluppato nell’ottimo manuale scritto da Giuseppe d’IppolitoIl Diritto del Greenwashing” (ed. Pacini Giuridica), diremmo che quella descritta dalla canzoncina era un classico esempio di greenwashing, in cui la genericità dell’aggettivazione (il latte fa bene) si unisce all’invito generico al consumo (bevete più latte). Le due idee, coniugate senza ulteriori precisazioni che ne attestassero e precisassero l’ambito di verità (bere più latte si può?, ma quale latte?, e fino a che punto? e certo non a tutti il latte fa bene e non sempre) hanno fatto bene alle industrie dell’agroalimentare e non ai consumatori, come il tempo e le ricerche successive hanno dimostrato.

A quei tempi non esisteva su questi argomenti la congiunzione tra la coscienza delle élites e la coscienza di massa e, quando questa avvenne, erano passati decenni di “inquinamento consumistico”. Oggi, in fase di sviluppo dell’ambientalismo come lotta al cambiamento climatico ed ai consumi inquinanti, vi è la possibilità di realizzare questa congiunzione di coscienze e il lavoro svolto da Giuseppe d’Ippolito si mostra necessario e tempestivo per fornire a livello di massa gli strumenti per sviluppare coscienza e azione contro il fenomeno del Greenwashing; fenomeno che cerca di fare in modo che cambi l’immagine del consumo per non cambiare niente nella sua sostanza di azione distruttiva dell’ambiente e delle stesse coscienze, come mette in luce l’opera. Ho avuto modo di conoscere Giuseppe d’Ippolito nei decenni passati, quando divenne per un periodo presidente dell’ACU, apprezzandolo per la precisione e puntigliosità con cui seguiva i problemi ed individuava le nuove strategie da affrontare per risolverli.

Il Diritto del Greenwashing rappresenta uno libro necessario per chiunque voglia affrontare la questione utilizzando gli strumenti giuridici ed amministrativi. In oltre 330 pagine sono elencati in modo sistematico e con riferimenti puntuali tutti gli aspetti e i problemi che comporta la transizione ecologica, nonché i rischi, anche normativi. Si tratta di un volume suddiviso in 12 parti che affrontano i diversi aspetti in cui si presenta la sostenibilità e le tecniche attraverso cui le imprese fanno fronte al problema. La poderosa rassegna di tutte le sfide regolamentari e giuridiche che lo sviluppo della sostenibilità comporta è la chiave per analizzare il fenomeno del greenwashing, esaminando sotto il profilo giuridico la questione delle pratiche ingannevoli in campo ambientale.

La parte a mio avviso più interessante ed originale è quella relativa all’analisi delle nuove forme di consumo sostenibile ed alla nascita della nuova figura del “consumatore sostenibile (consumatore green)”, diversa da quella disegnata in passato del consumatore responsabile. È difficile trovare un libro in cui questi problemi sono visti dal punto di vista di chi consuma, che è chiamato a consumare meno e consumare meglio. Nel disegnare con sintetica precisione le caratteristiche del nuovo consumo, se ne offrono anche tracce per sviluppare aggregazioni e movimenti; infatti, si parla delle caratteristiche del consumatore green che adotta uno stile di vita sostenibile in base a diverse motivazioni quali: la consapevolezza ambientale, la preoccupazione per la salute, i motivi etici. Si tratta di tre aspetti che quasi mai sono stati presi in considerazione assieme e che, invece, per il consumatore green assumono valore contemporaneamente, sia pure in modo diverso per ciascuno degli aspetti considerati e per ogni consumatore.

Importante è anche l’accenno alle diverse teorie, tra cui quella della decrescita – che ritengo sia la più interessante. Oggi la decrescita è un atto dovuto per tutti quelli che intendono avviarsi in un percorso di sostenibilità, ma è anche una conseguenza della finitezza delle risorse: il mondo decresce nonostante tutti i tentativi di far risalire le economie e l’utilizzo di prodotti o energie rinnovabili ha un senso solo se si riduce l’impatto complessivo di essi. Altrimenti si arriva al paradosso di utilizzare prodotti di per sé sostenibili, ma facendolo in un modo insostenibile. Avviene già, ad esempio, nel settore degli antiparassitari, dove tutte le aziende produttrici dichiarano di fornire prodotti meno inquinanti del passato e di avere sostituito con essi quelli precedentemente consumati: ma il consumo di antiparassitari è aumentato…… Anche nel settore zootecnico le cose non vanno meglio complessivamente. Tutte le aziende zootecniche, per poter ricevere contributi comunitari, devono sotto stare a norme piuttosto restrittive dal punto di vista ambientale (se ne lamentano, soprattutto, le imprese fornitrici di input – mangimi, concimi per foraggi e farmaci veterinari), ma il risultato finale è che la percentuale di CO2 prodotta in Valle padana non è stata ridotta complessivamente in modo strutturale. E allora? La lettura di questo libro ci fornisce strumenti per difenderci da queste trappole di cui è disseminata la strada del green.

Per comprendere il greenwashing è pertanto necessario capire lo scontro esistente tra imprese e consumatori. Tutti utilizzano termini come “sostenibilità”, “resilienza” per definire dei processi oppure parlano dei prodotti con aggettivazioni come “naturale”, “sostenibile”, “rinnovabile” senza ritenere necessario approfondire in modo trasparente la questione. Il greenwashing consiste nel fornire un servizio o un prodotto creando l’illusione che esso sia sostenibile ma senza attuare cambiamenti reali nell’organizzazione produttiva, nei processi di preparazione o nelle politiche aziendali. Il consumatore green ha la possibilità, che spesso si trasforma in necessità, di dare indicazioni precise alle aziende, di effettuare azione di controllo attraverso il sostegno e la creazione di imprese terze ad esso adibite, di favorire lo sviluppo di economie alternative, a differenza del consumatore responsabile, in condizione di opporsi senza un reale contributo alternativo, che abbiamo cercato di organizzare in passato. Le imprese che decidono non solo di riverniciare la loro immagine, ma di avviare diversi cicli produttivi hanno nel consumatore green un alleato in grado di orientarle sul mercato.
Il libro “Il Diritto del Greenwashing” è uno strumento per fare in modo che nelle imprese e nei consumatori crescano la consapevolezza e la capacità di creare mercati sostenibili.

Gianfranco Laccone, agronomo, presidenza nazionale ACU Associazione Consumatori Utenti

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