
Papa Francesco, il Pontefice dei poveri e del dialogo, si è spento oggi, 21 aprile, all’età di 88 anni nella sua residenza di Casa Santa Marta in Vaticano. La sua scomparsa ha lasciato un profondo segno nel mondo cattolico e oltre, con numerosi leader e fedeli che rendono omaggio alla sua figura e al suo impegno per una Chiesa più vicina agli ultimi. Durante il suo pontificato, Papa Francesco ha promosso la tutela dell’ambiente, la lotta alla povertà e l’inclusione sociale, guadagnandosi l’appellativo di “Papa della casa comune” per il suo impegno ecologico e sociale. Nonostante le difficoltà e le critiche, ha cercato di avvicinare la Chiesa alle esigenze del mondo moderno, affrontando temi delicati con coraggio e determinazione. Le campane di San Pietro suonano a lutto mentre migliaia di persone si radunano per rendere omaggio al Pontefice. Con la sua scomparsa, si apre ora la fase della “sede vacante” e l’organizzazione del conclave per l’elezione del nuovo Papa. Papa Francesco ha sempre posto grande attenzione alla difesa dell’ambiente, considerandola una responsabilità morale e spirituale. La sua enciclica *Laudato Si’* è stata un punto di riferimento per la sensibilizzazione globale sulla crisi climatica e sulla necessità di una “conversione ecologica”. Ha denunciato l’impatto dei combustibili fossili, il negazionismo climatico e ha esortato i governi a prendere misure concrete per proteggere il pianeta. Durante il suo pontificato, ha promosso iniziative per la tutela della “casa comune”, sottolineando l’interconnessione tra l’uomo e la natura. Ha anche criticato l’espansione delle infrastrutture per i combustibili fossili e ha chiesto un impegno globale per uno sviluppo sostenibile. La sua eredità ecologica continuerà a ispirare le generazioni future.
Oggi, il giorno della morte di Papa Francesco, il mondo si è fermato per un istante. Non solo per commemorare la scomparsa di un leader religioso che aveva saputo scuotere le coscienze ben oltre i confini della Chiesa cattolica, ma per interrogarsi sul valore profondo del suo messaggio. Tra i molti temi che hanno contraddistinto il suo pontificato — dalla riforma della Curia alla sinodalità, dalla misericordia alla lotta contro gli abusi — uno si staglia con forza profetica: la difesa del creato. Francesco è stato il primo papa a parlare apertamente di cambiamento climatico come peccato contro Dio e contro l’uomo. La sua visione dell’ecologia non è mai stata solo ambientale, ma integrale, capace cioè di tenere insieme l’ambiente, l’economia, la cultura, la spiritualità e la giustizia sociale. Con l’enciclica Laudato si’ (2015) e poi con Laudate Deum (2023), egli ha tracciato un sentiero etico, politico e culturale che avrebbe potuto — e dovuto — guidare le scelte dei leader mondiali nel tempo della crisi climatica.
Eppure, come accade ai profeti, il suo appello è stato in larga parte inascoltato. I governi del G20 — responsabili di circa l’80% delle emissioni globali — hanno continuato a finanziare i combustibili fossili, a ritardare le trasformazioni strutturali e a praticare il greenwashing. L’Unione Europea, dopo il promettente Green Deal, ha mostrato segni di ripiegamento, vittima delle pressioni industriali e della nuova ondata politica conservatrice.
La morte di Francesco, dunque, non è solo la fine di un pontificato, ma il momento per una resa dei conti morale. Che ne è stato del suo messaggio? Perché le sue parole, accolte con entusiasmo in tanti ambienti accademici, ecumenici e giovanili, non sono riuscite a trasformare le politiche dei potenti?
L’enciclica Laudato si’
Nel maggio del 2015, Papa Francesco pubblica la seconda enciclica del suo pontificato: Laudato si’. Il titolo è un omaggio al Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi, ma i contenuti guardano al presente e al futuro dell’umanità. L’enciclica si apre con una constatazione semplice e inquietante: “Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei”. La terra geme, afferma Francesco, e la crisi ambientale è anche una crisi morale, sociale, economica, spirituale.
La Laudato si’ non è un documento ecologista in senso stretto, ma una critica sistemica alla civiltà contemporanea. Francesco denuncia il “paradigma tecnocratico” che domina la cultura moderna, dove l’idea di progresso è confusa con l’accumulazione, l’efficienza e il dominio tecnico sulla natura. In questa visione, l’uomo si è staccato dal mondo che abita, riducendo ogni essere vivente a risorsa, e ogni relazione a scambio economico.
L’alternativa che il Papa propone è l’”ecologia integrale”: un approccio che riconosce l’interconnessione di tutti i sistemi – naturali, economici, culturali, spirituali. In questa prospettiva, il degrado ambientale è strettamente connesso alla povertà, alla migrazione forzata, alle guerre, alla crisi del senso della vita. Il cuore dell’enciclica è una visione in cui prendersi cura del creato significa anche prendersi cura degli ultimi.
Il testo è denso di riferimenti scientifici, biblici, filosofici e teologici, e si rivolge non solo ai credenti, ma a “ogni persona che abita questo pianeta”. È una scelta radicale: Francesco non parla solo come capo religioso, ma come coscienza etica dell’umanità.
La ricezione della Laudato si’ è stata immediatamente forte in ambito accademico, nei movimenti ecologisti, tra le organizzazioni non governative, ma meno incisiva nei vertici politici ed economici. La COP21 di Parigi (2015) sembrava essere un punto di svolta, anche grazie all’effetto traino dell’enciclica. Ma gli anni successivi hanno mostrato un divario crescente tra parole e azioni, tra consapevolezza e impegno strutturale.
La Laudato si’ rimane ancora oggi uno dei documenti più lucidi sulla crisi ecologica globale, eppure viene spesso citata come “ispirazione morale” senza conseguenze concrete. È il destino delle parole profetiche: restano, ma non muovono abbastanza.
Laudate Deum e l’ultimo appello
Nel 2023, a otto anni dalla pubblicazione di Laudato si’, Papa Francesco torna a parlare in modo diretto e accorato della crisi climatica con l’esortazione apostolica Laudate Deum. Il tono è diverso: meno contemplativo, più urgente, quasi allarmato. Il Papa, consapevole che il tempo stringe e che le promesse non mantenute stanno aggravando la situazione globale, decide di alzare il tono. Non più solo un’analisi profonda della crisi, ma un grido.
Laudate Deum è un testo breve, denso, scritto con un linguaggio accessibile ma affilato. Francesco parla di un mondo che si trova “vicino al punto di rottura” e denuncia il fallimento delle conferenze internazionali sul clima. Il riferimento alla COP28 è esplicito: non solo si mette in discussione l’efficacia delle COP precedenti, ma si evidenzia il rischio che diventino riti diplomatici privi di incidenza.
Il Papa critica apertamente i tentativi di greenwashing e la retorica della sostenibilità che non si traduce in azioni concrete. Parla di “simulacri di progresso” e di “ritardi colpevoli”. Non manca un passaggio sulla responsabilità dei Paesi ricchi, principali responsabili delle emissioni storiche, che scaricano sui più poveri le conseguenze della crisi climatica.
Ancora una volta, Francesco lega la questione ecologica a quella sociale: “nessuno si salva da solo” è il mantra che risuona tra le righe. L’ecologia integrale è, nella Laudate Deum, declinata come responsabilità politica, etica e intergenerazionale. L’appello si fa pressante: è tempo di agire, e chi ha potere decisionale non può più permettersi di attendere.
Tuttavia, anche questo secondo grande documento papale sull’ambiente rischia di seguire lo stesso destino del primo: essere citato, celebrato, ma non seguito. La stampa internazionale ne ha parlato brevemente, alcuni leader ne hanno lodato il coraggio, ma le politiche climatiche dei Paesi più influenti sono rimaste in gran parte invariate.
L’ultimo appello di Francesco, lanciato pochi mesi prima della sua morte, assume così i contorni di un testamento spirituale. Non un documento per la storia della Chiesa, ma per la storia dell’umanità. E come spesso accade nella storia, i testamenti dei profeti vengono letti tardi, quando il tempo per cambiare è ormai poco.
Disconnessione con l’appello papale
Papa Francesco, nelle sue encicliche Laudato si’ e Laudate Deum, richiama a un cambiamento radicale dei modelli economici e a una responsabilità morale verso i più vulnerabili. Tuttavia, le politiche climatiche attuali dei Paesi del G7 e dell’UE mostrano una mancanza di coerenza con questi principi, privilegiando spesso interessi economici a breve termine rispetto a un impegno etico e sostenibile.
Il messaggio di Papa Francesco rimane in gran parte inascoltato nei centri decisionali, dove prevalgono compromessi politici e pressioni economiche. Per realizzare una vera “conversione ecologica”, come auspicato dal Pontefice, è necessaria una volontà politica più forte e una mobilitazione della società civile che superi le logiche di profitto a breve termine.
Il messaggio di Papa Francesco, forte e chiaro soprattutto con l’enciclica Laudato si’ (2015) e poi con l’esortazione Laudate Deum (2023), ha avuto un impatto significativo in ambito accademico, ecumenico e nelle discussioni internazionali sul clima. Cionostante, si può dire che sia rimasto largamente inascoltato nei luoghi decisionali politici ed economici per diversi motivi.
Resistenze sistemiche
Le politiche ambientali richiedono trasformazioni profonde nei modelli di produzione e consumo. Il messaggio del Papa chiede un cambio radicale, non solo tecnico ma etico, che mette in discussione il paradigma economico dominante. Questo crea inevitabili resistenze da parte di lobby economiche, interessi industriali e governi legati a modelli fossili.
Scollamento tra religione e politica
In molte democrazie occidentali, la laicità dello Stato e la crescente secolarizzazione rendono difficile che un messaggio religioso, anche se supportato da solide basi scientifiche come nel caso del Papa, venga preso come punto di riferimento politico. Il suo messaggio è visto come “morale”, non come guida operativa.
Comunicazione filtrata
Nonostante l’eco iniziale, il messaggio del Papa spesso viene semplificato o ridotto dai media a una “predica ecologista”, perdendo la sua forza rivoluzionaria. In più, l’interesse mediatico verso i temi ambientali è spesso stagionale o legato a emergenze.
Ipocrisie interne alla Chiesa
Alcuni critici sottolineano una contraddizione interna: mentre il Papa parla di ecologia integrale, settori della Chiesa cattolica (o le gerarchie locali) non sempre seguono con coerenza questo orientamento, specie in contesti dove i legami con il potere economico e politico sono forti.
Crisi politiche e priorità
Negli anni successivi alla Laudato si’, molte nazioni hanno attraversato crisi economiche, pandemie, guerre. L’ambientalismo è spesso considerato una “priorità di lusso”, sacrificabile di fronte a problemi più immediati. Il pensiero di Papa Francesco, incentrato su un’ecologia integrale che coniuga giustizia sociale e cura del creato, si scontra con le politiche climatiche attuali dei Paesi del G7 e dell’Unione Europea, che mostrano ritardi, contraddizioni e compromessi rispetto agli obiettivi dichiarati.
La rimozione dell’ecologia nei programmi politici europei
La crisi ecologica è tornata ad essere una questione marginale nel dibattito pubblico e nei programmi politici dei partiti europei. Se durante il ciclo 2019–2021 l’ecologia sembrava al centro dell’agenda dell’Unione Europea, con il lancio del Green Deal e di una nuova strategia per la biodiversità, a partire dal 2022 si è verificata una progressiva normalizzazione del linguaggio, accompagnata da una riduzione degli impegni effettivi. I partiti di centrodestra, liberali e conservatori, hanno rispolverato la retorica della sostenibilità “realistica”, incentrata sulla competitività industriale, mentre i partiti populisti e sovranisti hanno apertamente attaccato le normative ambientali, definendole “ideologiche”, “dannose per le imprese” e “contrarie agli interessi nazionali”.
L’ambiente è diventato così un terreno di scontro culturale, anziché un campo di azione condivisa. Le norme ambientali sono accusate di penalizzare l’agricoltura tradizionale, di aumentare i costi dell’energia e di ostacolare la crescita economica. In questo clima, la retorica della transizione verde viene svuotata di forza trasformativa: sopravvive come cornice comunicativa, ma priva di contenuti strutturali. Anche i partiti progressisti, spesso sotto pressione elettorale, tendono a diluire i propri impegni climatici per non scontentare settori produttivi o elettorati in difficoltà.
È in questo contesto che il messaggio profetico di Papa Francesco appare ancor più isolato. La sua richiesta di una “conversione ecologica” che metta in discussione il modello di sviluppo dominante viene ignorata o ridotta a suggestione etica. Le istituzioni politiche, anche quelle più avanzate, sembrano incapaci di assumere l’ecologia come asse portante del futuro europeo. Il rischio è che la sostenibilità diventi uno slogan elettorale, privo di conseguenze reali.
Il divario tra parole e fatti: le politiche climatiche del G7 e dell’UE
Mentre Papa Francesco lanciava i suoi appelli, i Paesi del G7 e dell’Unione Europea presentavano piani e strategie climatiche spesso celebrati per la loro ambizione. Tuttavia, al di là degli annunci, i risultati concreti restano modesti e contraddittori.
Il Green Deal europeo, lanciato nel 2019, è stato presentato come una rivoluzione ecologica. Tuttavia, sotto la pressione delle crisi energetiche e degli interessi economici tradizionali, molti dei suoi pilastri sono stati annacquati. I target climatici al 2030 e 2050 rimangono sulla carta, ma il taglio dei sussidi ai combustibili fossili, la riforma dell’agricoltura e la transizione giusta per i lavoratori inquinanti restano incompiuti.
Nel G7, gli impegni sono altrettanto ambigui. Gli Stati Uniti hanno fatto ritorno negli Accordi di Parigi con l’amministrazione Biden, ma hanno contemporaneamente autorizzato nuovi progetti di trivellazione e gasdotti. Il Giappone continua a puntare sul carbone e sul nucleare. Il Canada, pur vantando una carbon tax, mantiene una forte dipendenza dal petrolio. Infine, con l’elezione di Trump gli USA escono nuovamente dagli accordi di Parigi e dilagano le tesi negazioniste.
La Germania, da tempo leader della transizione verde, ha rallentato l’uscita dal carbone dopo l’invasione russa dell’Ucraina. La Francia promuove il nucleare come energia “verde” mentre fatica a ridurre l’uso di pesticidi e a riformare la PAC (Politica Agricola Comune). L’Italia, infine, oscilla tra annunci ambiziosi e politiche poco coerenti, come il ritorno ai rigassificatori e la proroga delle concessioni fossili.
Le reazioni sociali e culturali: accoglienza, resistenze, trasformazioni
Se le istituzioni politiche hanno spesso disatteso l’appello del Papa, sul piano sociale e culturale l’ecologia integrale ha invece trovato maggiore accoglienza. Movimenti giovanili come Fridays for Future, Extinction Rebellion e Rise Up for Climate Justice hanno citato la Laudato si’ come fonte d’ispirazione. Molte comunità ecclesiali, in particolare in America Latina, Asia e Africa, hanno integrato il messaggio ecologico in percorsi di pastorale sociale e difesa dei diritti ambientali.
Anche il mondo accademico e quello dell’arte hanno reagito: convegni, pubblicazioni, documentari, opere teatrali e musicali hanno tradotto il messaggio di Francesco in nuovi linguaggi. Tuttavia, la ricezione non è stata omogenea: in diversi ambienti ecclesiastici conservatori, le due encicliche sono state accolte con freddezza o con imbarazzo, come se l’impegno ecologico fosse un’agenda “estranea” alla missione spirituale della Chiesa.
Le grandi testate giornalistiche, soprattutto nel Nord globale, hanno spesso relegato i discorsi papali sul clima a notizie di secondo piano. I media mainstream hanno privilegiato narrazioni legate alla geopolitica energetica o all’innovazione tecnologica, ignorando le implicazioni etiche e spirituali dell’ecologia integrale. Questo silenziamento, più o meno consapevole, ha contribuito a rendere meno percepibile la portata rivoluzionaria del pensiero di Francesco.
In sintesi, il messaggio di Papa Francesco, che chiede una “conversione ecologica” profonda e integrale, si scontra con l’approccio tecnocratico e graduale delle principali potenze. Il cambiamento invocato dal Papa non è solo tecnologico o economico, ma culturale e spirituale: esige una diversa idea di benessere, un diverso modello di sviluppo. Un salto che le leadership attuali, legate al consenso immediato e agli interessi economici dominanti, non sembrano disposte a compiere.
Eppure, proprio nella marginalità di questo messaggio si cela la sua forza. La proposta di un mondo meno consumista, più solidale, più contemplativo e più giusto resta una delle visioni più radicali del nostro tempo.
È una proposta che chiede ascolto profondo e tempo lungo. E forse, come tutte le profezie, sarà compresa pienamente solo dalle generazioni che verranno.
Giuseppe d’Ippolito