
Ieri, 16 aprile, il Consiglio dell’Unione europea ha approvato una proposta di revisione dello status di protezione del lupo, aprendo la strada a una possibile riclassificazione della specie da “strettamente protetta” a “protetta” nell’ambito della Convenzione di Berna. I rappresentanti degli Stati membri (Coreper) hanno giustificato il mandato del Consiglio per modificare lo status di protezione del lupo, con la necessità (!?) di allineare la legislazione dell’UE alla Convenzione di Berna aggiornata. Il mandato include una modifica mirata della direttiva Habitat – la legge dell’UE che attua la Convenzione di Berna – per riflettere il nuovo livello di protezione del lupo da “rigorosa protezione” a “protetto”. L’obiettivo, secondo il Consiglio, è garantire maggiore flessibilità nella gestione delle popolazioni di lupo nei paesi dell’UE, al fine di migliorare la coesistenza e ridurre al minimo l’impatto della crescente popolazione della specie, comprese le sfide socioeconomiche. Gli Stati membri possono adottare livelli di protezione più rigorosi. La posizione del Consiglio non contiene modifiche rispetto alla proposta iniziale della Commissione su questa modifica mirata della direttiva sugli habitat. Ma dietro una formula apparentemente neutra di una “proposta mirata”, si cela un cambio di paradigma preoccupante, che potrebbe compromettere decenni di politiche di conservazione e indebolire il ruolo dell’UE come garante della biodiversità. Il Parlamento europeo intende adottare la propria posizione nel prossimo maggio. Se tale posizione sarà identica al mandato del Consiglio, quest’ultimo adotterà formalmente la direttiva modificativa.
Una decisione più politica che scientifica
La Commissione europea aveva già segnalato, nel 2023, l’intenzione di rivedere lo status del lupo, raccogliendo dati sulla crescita della popolazione e sulle interazioni con le attività agricole. Tuttavia, numerosi studi scientifici e il parere di esperti hanno chiarito che la presenza del lupo, sebbene aumentata in alcune aree, resta frammentata e vulnerabile. Nessun dato giustifica una riduzione dello status di protezione su scala continentale. Il Consiglio ha scelto di ignorare questi elementi, rispondendo invece alle pressioni di alcuni governi nazionali e di gruppi legati al settore zootecnico.
Il lupo come capro espiatorio della crisi agricola
La crescente tensione tra agricoltori e fauna selvatica è reale, ma strumentalizzare il lupo per dare risposte simboliche alle proteste dei settori agricoli rischia di creare un pericoloso precedente. In un contesto in cui l’Unione europea ha già sospeso o indebolito pilastri del Green Deal per ragioni elettorali e geopolitiche, questa scelta rappresenta una concessione ulteriore ai movimenti che contestano le politiche ambientali. Il lupo diventa così un bersaglio politico più che un vero problema gestionale.
Un colpo alla credibilità ambientale dell’UE
Modificare lo status del lupo senza un solido consenso scientifico indebolisce la credibilità dell’UE nella governance ambientale internazionale. Mentre l’Europa si impegna a tutelare la biodiversità attraverso la Strategia sulla Biodiversità 2030 e la Nature Restoration Law, una decisione come questa comunica l’idea che le norme ambientali siano negoziabili, se non addirittura sacrificabili, a fini elettorali.
Le alternative c’erano
La coesistenza tra attività umane e fauna selvatica è possibile, come dimostrano buone pratiche di prevenzione dei danni e sistemi di indennizzo efficaci già attuati in diversi Stati membri. Piuttosto che allentare le tutele, l’UE avrebbe potuto rafforzare il supporto tecnico ed economico agli agricoltori, promuovendo la convivenza attraverso politiche innovative e inclusive.
Il lupo europeo sotto attacco: le reazioni delle ONG
Una decisione controversa
La modifica dello status del lupo è stata giustificata dalle autorità europee come un adeguamento necessario per permettere una gestione più flessibile delle popolazioni di lupi, soprattutto in aree dove si registrano conflitti con le attività agricole. Tuttavia, le ONG contestano questa motivazione, sostenendo che la decisione si basa su dati scientifici incerti e obsoleti . Numerose organizzazioni ambientaliste hanno espresso la loro opposizione alla decisione del Consiglio UE. In particolare, 41 associazioni europee hanno invitato la presidenza polacca dell’UE a sospendere il processo di declassamento, sottolineando che la revisione si basa su dati non aggiornati e che il rapporto Blanco, utilizzato come riferimento, non raccomanda una modifica dello status di protezione del lupo . Inoltre, le associazioni animaliste hanno presentato ricorsi e appelli per fermare il declassamento, definendo la decisione “senza basi scientifiche” e un pericoloso precedente che potrebbe compromettere decenni di sforzi per la conservazione della specie .
Conclusione
La decisione del Consiglio UE di declassare lo status di protezione del lupo ha aperto un acceso dibattito tra le istituzioni europee e le organizzazioni ambientaliste. Mentre le autorità sostengono la necessità di una gestione più flessibile, le ONG temono che questa scelta possa compromettere la tutela della biodiversità e rappresentare un pericoloso precedente per altre specie protette. La questione rimane aperta e continuerà a essere oggetto di discussione nei prossimi mesi.
Quel che è certo, però è che la scelta del Consiglio UE segna una battuta d’arresto nella costruzione di un’Europa capace di coniugare ambiente, scienza e giustizia sociale.
La protezione del lupo non è solo una questione ecologica: è il simbolo di un modello di sviluppo che riconosce la complessità degli ecosistemi e la responsabilità intergenerazionale. Rinunciarvi significa arretrare di fronte alla sfida ambientale più urgente del nostro tempo.
Hèléne Martin